Sentenze

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Procedimento cautelare- artt.669 septies e 700 c.p.c.- rimozione manufatti edili- ricorso respinto per difetto del periculum in mora.

29 marzo 2016

Procedimento cautelare- artt.669 septies e 700 c.p.c.- rimozione manufatti edili- ricorso respinto per difetto del periculum in mora.

 

Il Tribunale di Bologna., sezione distaccata di Imola, in persona del giudice delegato dott. Sandro Pecorella, sciogliendo la riserva che precede nella causa (n.r. 1063/2008) tra G. M. e C. M. T. (ricorrenti) contro P. G. (resistente) con l’intervento volontario di I. E. S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore (terza intervenuta) avente per oggetto ricorso ex art. 700 c.p.c. per la rimozione di manufatti edili;

considerato che la ricorrente ha chiesto l’emissione del provvedimento e che a tale domanda si è associata la terza intervenuta con estensione anche a manufatti diversi rispetti a quelli a cui hanno interesse le ricorrenti, mentre il resistente si è opposto essenzialmente per carenza del requisito del periculum in mora;

rilevato che:

· Ritiene lo scrivente che l’intervento della I. E. S.r.l. debba essere ammesso avendo un interesse proprio consistente in un diritto relativo all’oggetto del processo che è la demolizione dei manufatti ordinata da Ordinanza dell’autorità comunale da fare valere nei confronti dell’odierno resistente. L’intervento per quanto non essendo certo espressione di litisconsorzio necessario, non dà neppure nessun problema di ammissibilità sotto il profilo che il medesimo è stato effettuato nell’ambito di un procedimento cautelare, siccome non determina neppure in ipotesi aggravio di procedura incompatibile con la celerità propria del rito;· la domanda di merito indicata nel ricorso quale tema del futuro, eventuale, giudizio di merito è indicata chiaramente nel ricorso introduttivo per gli effetti di cui all’art. 669 bis c.p.c., essendo indicato che si tratta della domanda di adempimento di un contratto che imponeva la demolizione di un manufatto costruito sul terreno delle ricorrenti una volta spirato il termine di durata del contratto medesimo;· preso atto è pacifico che sussista il fumus boni juris delle due pretese;· come prima cosa, in proposito, non vi alcun dubbio che il costruttore delle opere sia il sig. P. essendo da lui ammesso e contestando solamente l’esistenza del periculum in mora; · per quanto riguarda il diritto delle ricorrenti a vedere demolita la parte che insiste sulla loro proprietà si legge, alla clausola 3 del contratto (doc. 2 di parte ricorrente rinnovato solo per quanto riguarda la scadenza successivamente – doc. 3 di parte ricorrente) che il sig. P. si è obbligato alla scadenza del contratto di affitto a demolire la vasca ripristinando lo stato dei luoghi come era prima;· in proposito è certo che il contratto è scaduto, il terreno è stato rilasciato alle ricorrenti e la vasca non è stata demolita dal sig. P.;· per quanto riguarda la terza intervenuta si deve dare atto che essa ha acquistato nel corso del 2005 la proprietà del terreno su cui i manufatti da demolire insistono (vedi doc. 2 di parte intervenuta). Preso atto di ciò occorre dire che non vi è agli atti un titolo che indichi come il sig. P., che non era proprietario, avesse un titolo valido dal punto di vista civile, che gli consentisse di costruire. Dunque in base all’art. 936 c.c. si tratta di opere di un terzo costruite con materiali propri del terzo medesimo. Il proprietario, che nella fattispecie è la terza intervenuta, ha il diritto di obbligare colui che ha costruito a levare le opere con spese a carico del costruttore delle opere (vedi art. 936 comma 3° c..c.) Agli atti manca infatti la prova che le opere fatte sul fondo della odierna parte intervenuta fossero state effettuate con scienza della proprietà dante causa della odierna terza intervenuta. Se così fosse la pretesa della odierna terza intervenuta non potrebbe essere accolta ai sensi dell’art. 936 comma 4 c.c.). In proposito si deve rilevare che la relativa eccezione non è stata sollevata da parte resistente e non risulta comunque dalla documentazione. Infatti nell’atto pubblico di acquisto (doc. 2 di parte intervenuta) è semplicemente indicato l’acquisto del fondo rustico con la casa colonica, senza che dalla descrizione data nel medesimo atto pubblico si evinca che la parte venditrice fosse a conoscenza del fatto che il sig. P. avesse costruito le costruzioni per la demolizione delle quali è intervenuto la I. E.. Né è indicato che la dante causa l’avesse incaricato di costruire. È chiaro che l’onere della prova della sussistenza di una tale conoscenza è a carico del costruttore. Mancando la prova di ciò il diritto alla demolizione da parte della terza intervenuta deve ritenersi accertato almeno in riferimento al fumus boni juris necessario per l’accoglimento del ricorso cautelare;· preso atto di ciò vi agli atti un’ordinanza di demolizione per abuso edilizio emesso dal Comune di C- S. P. Terme (BO) proprio in relazione agli immobili la cui demolizione interessa le ricorrenti e la terza intervenuta. La demolizione indica come termine finale entro il quale ciò deve avvenire il 23 settembre 2008. Ai sensi della normativa urbanistica (l’ordinanza menzione una norma regionale, l’art. 13 comma 3 l. reg. Em. Rom. 23 del 2004 che la prevede) è possibile la confisca del terreno su cui insiste l’abuso;· secondo il resistente l’esistenza di questa ordinanza amministrativa, pure esecutiva, determina l’impossibilità di accogliere il ricorso, dato che in caso di accoglimento del presente procedimento vi sarebbe duplicazione di provvedimenti (il resistente parla esplicitamente di ne bis in idem);· questo effetto non è vero perché il provvedimento giurisdizionale e quello amministrativo si muovono su due piani diversi che nel presente caso coesistono perfettamente. Innanzitutto si può parlare di ne bis in idem solo quando si hanno due provvedimenti sullo stesso tema dell’autorità giudiziaria che non è quello che accade nel presente caso essendo uno dei due provvedimenti emesso dall’autorità amministrativa. In secondo luogo diversi sono i presupposti dei due provvedimenti, la violazione delle norme urbanistiche quello amministrativo, la violazione di norme del codice civile quello giurisdizionale;· in particolare un eventuale provvedimento positivo che riguarderebbe solo i rapporti tra le parti del presente processo non modificherebbe affatto quanto statuito dall’ordinanza comunale che continuerebbe a spiegare i suoi effetti anche nei confronti delle ricorrenti e della parte terza intervenuta anche se viene qui viene accertato con procedura di urgenza che queste due parti hanno diritto a vedere che il sig. P. demolisca lui le opere in questione;· al contrario, secondo la parte ricorrente e la terza intervenuta, la scadenza del termine dell’ordinanza comunale indicherebbe la sussistenza del periculum in mora necessario per l’accoglimento del procedimento ex art. 700 c.p.c. dato che la sua scadenza senza l’esecuzione della demolizione comporta il pericolo di confisca del terreno oltre che di altre gravi conseguenze;· questo sarebbe vero se il sig. P. fosse lui in possesso del terreno e dunque l’unico che potesse veramente demolire i manufatti. Nel caso concreto ciò non è vero perché le ricorrenti e la parte terza intervenuta possono già adesso adempiere alla demolizione perché sono tutte e due in possesso del terreno e possono fare eseguire i lavori. L’unico vero interesse che può pertanto essere ritenuto che si voglia perseguire davanti a questo giudice con il ricorso ex art. 700 c.p.c. teso ad ottenere di fatto un autorizzazione a fare quello che possono già fare (e che l’ordinanza comunale gli obbliga a fare) è quello di predeterminare a chi spetta l’onere delle spese dell’esecuzione dell’ordinanza comunale dato che, considerato che gli antefatti riguardanti il sig. P. (vedi verbale di rilascio in esecuzione di precedente provvedimento giudiziale) tutto ciò fa ritenere che il resistente non darà comunque esecuzione al presente provvedimento non essendo neppure in possesso dei terreni e dei manufatti;· il problema della ripartizione delle spese e della possibile incapienza del sig. P. non legittima il ricorso all’art. 700 c.p.c. perché per esso è previsto altro mezzo cautelare e cioè il sequestro conservativo;· in definitiva a fronte del diritto che indubbiamente è emerso per le ricorrenti e la terza intervenuta di vedersi eseguita la demolizione richiesta da loro da parte del sig. P., non sussiste il periculum in mora perché tutte e due le parti sono già adesso in possesso del terreno e hanno tutte le possibilità di effettuare esse stesse le demolizioni richieste dall’ordinanza comunale, con riserva di chiedere le spese relative e vedersi risarcire i danni ulteriori da parte del resistente. Infatti l’adempimento dell’ordinanza comunali da parte delle ricorrenti e della terza intervenuta in causa evita di per se ogni pericolo di applicazione delle sanzioni minacciate dal Comune;· il ricorso deve essere respinto;· in seguito al rigetto del ricorso deve pronunciarsi sulle spese. Siccome è emerso che sussisterebbe il fumus delle pretese delle ricorrenti e della terza intervenuta, si dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

P.Q.M.

Visti gli artt. 669 septies  e 700 c.p.c.;

respinge il ricorso per difetto del requisito del periculum in mora;

compensa le spese di lite.

Manda alla Cancelleria per comunicare la presente ordinanza alla ricorrente costituita, disponendo che la stessa esegua la comunicazione a mezzo fax, con successiva verifica telefonica, senza officiare l’Ufficiale Giudiziario.

Imola, 9 settembre 2008.              

Il Giudice