Sentenze

Sentenze

Non ottemperanza all’ordine di allontanamento-rito abbreviato-artt. 62 bis c.p.,442,533 e 535 c.p.p.-condanna a cinque mesi e dieci giorni di reclusione e al pagamento delle spese processuali- art. 163 c.p. dispone la sospensione condizionale della

29 marzo 2016

Non ottemperanza all’ordine di allontanamento-rito abbreviato-artt. 62 bis c.p.,442,533 e 535 c.p.p.-condanna a cinque mesi e dieci giorni di reclusione e al pagamento delle spese processuali- art. 163 c.p. dispone la sospensione condizionale della pena.

 

Motivazione

In seguito ad arresto speciale previsto dall’art. 14 comma 5 quinquies D.Lv. 286/98, i sigg.ri D. B. e S. A. sono stati arrestati e condotti in udienza per la convalida dell’arresto ed il contestuale giudizio direttissimo. Convalidato l’arresto, senza applicazione di alcuna misura cautelare, sono stati chiesti i termini a difesa e all’udienza odierna il Difensore, munito di procure speciali, assenti gli imputati, ha chiesto che si procedesse con rito abbreviato.

Ammesso il rito si rileva che, dalla C.N.R., dal decreto di espulsione e dal decreto di respingimento alla frontiera, dagli ordini del Questore, dal verbale di arresto, dalla relazione dell’Ufficiale di P.G. e dalla restante documentazione in atti si desume la permanenza dei due imputati nel territorio nazionale, in spregio ai predetti decreti di espulsione e di respingimento alla frontiera e agli ordini di allontanamento dal territorio nazionale.

I decreti e gli ordini sono stati tradotti nella lingua corrispondente alla nazionalità degli imputati, ma non ve ne sarebbe stato neppure bisogno perché è emerso che gli imputati comprendono bene la lingua italiana.

Dalle dichiarazioni acquisite da loro si desume che tutti e due avevano capito bene che dovevano andare via dall’Italia, ma che non l’hanno fatto perché l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale è contrario alle loro aspettative, essendo giunti in Italia per cercare lavoro in modo confacente alla loro condizione; lavoro che nel loro paese di origine non sarebbe disponibile.

Ritiene pertanto la Difesa che i sigg.ri D. e S. abbiano un giustificato motivo che lo legittimi a rimanere in Italia senza rispettare l’ordine di allontanamento emesso dal Questore.

Infatti dalle dichiarazioni degli imputati emergerebbe che tutti e due non abbiano la possibilità economica di tornare al loro paese.

Da tutto ciò che gli imputati hanno detto si desumerebbe che essi sono in gravi difficoltà economiche  e che le stesse costituiscano un giustificato motivo a non ottemperare all’ordine di allontanamento dal territorio nazionale. La vicenda, secondo la Difesa, ai sensi della norma penale in applicazione, escluderebbe la rilevanza penale del fatto.

Tuttavia tale impostazione è già stata portata all’esame del Giudice di legittimità che, con sentenza della Sezione Prima del 9 maggio 2006 n. 19086, l’ha convincentemente disattesa.

Scrive infatti la Corte, la quale richiama anche la sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2004, che “…la disponibilità di mezzi economici occorrenti per l’adempimento dell’obbligo del Questore di lasciare il territorio dello Stato italiano non è infatti logicamente collegata al reperimento di un lavoro stabile, potendo derivare da qualsiasi attività, anche illecita o comunque non stabile e per converso la difficoltà per il clandestino di reperire un lavoro stabile regolare costituendo una condizione tipica della sua posizione, non è idonea ad integrare un “giustificato motivo” dell’inadempimento dell’obbligo di lasciare il territorio dello Stato, apparendo tale obbligo privo di significato giuridico qualora fosse sufficiente allegare la mancanza di un lavoro stabile –  che è propria di tutti i clandestini – per disattenderlo.

Ritiene dunque la corte che il motivo in questione e il motivo economico in generale, non possa identificare il giustificato motivo che giustifica l’inadempimento dell’obbligo in quanto “…trattasi di situazione di per sé indifferente in relazione alle finalità della incriminazione ed al quadro normativo in cui si inserisce che è diretto a provocare l’allontanamento degli stranieri clandestini dal territorio nazionale tutte le volte che ciò non sia impossibile o pericoloso per il migrante.

Ne deriva che l’impossibilità economica assoluta non costituisce giustificato per non ottemperare all’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato.

L’orientamento è ancora più esplicitamente confermato da Cass. Pen. sez. 1 del 26 ottobre 2006 depositata il 7 dicembre 2006 n. 40315 per la quale la prova della sussistenza di giustificato motivo è a carico dell’interessato e non può consistere con l’allegazione di esigenze tipiche della condizione di migrante clandestino, quali la mancanza di lavoro stabile o la provenienza di mezzi economici da attività irregolari o non stabili che sono la condizione al quale l’interessato, con l’ingresso clandestino nel paese si è di fatto posto da solo.

A tutto ciò si aggiunge che i due odierni imputati non hanno neppure dimostrato di non avere soldi per pagarsi il non onerosissimo viaggio di ritorno in Tunisia, loro paese di origine che non è certo in capo al mondo, ma più semplicemente hanno detto che l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale è contrario alle loro aspettative di vita che li ha spinti a venire in Italia per trovare un lavoro che gli permettesse una maggiore agiatezza economica e non che non hanno neppure i soldi per tornare al paese di origine.

Da tutto ciò si desume l’esistenza del dolo del reato non avendo i sigg.ri D. e S. fatto niente per dare corso all’ordine di allontanamento dal territorio nazionale e anzi avendolo volontariamente disatteso.

I sigg.ri D. e S. sono incensurati e già solo per questo possono godere delle attenuanti generiche.

Considerato i criteri di cui all’art. 133 c.p. si ritiene di dover irrogare a ciascuno di loro la pena di mesi otto di reclusione (pena base anni uno di reclusione così ridotta per le generiche).

Considerata la diminuente del rito si irroga concretamente a ciascuno di loro la pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione.

Consegue anche la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dall’erario.

I sigg.ri D. e S., come già detto sono incensurati e possono godere della sospensione condizionale della pena. Si ritiene che gli stessi si asterranno dal commettere ulteriori reati e segnatamente anche del reato per cui è oggi processo atteso che non risultano pendenze di alcun genere a loro carico e che in seguito alla condanna per questo reato dovrà essere disposta esecuzione coattiva dell’espulsione a norma del medesimo art. 14 comma cinque ter, cosa che esclude in radice la possibilità di commettere il medesimo reato.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati, 62 bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.,

dichiara D. B. e S. A. colpevoli del delitto a loro ascritto e riconosciute in loro favore le circostanze attenuanti generiche, considerata la diminuente del rito, per l’effetto li condanna ambedue alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali sostenute dall’erario.

Visto l’art. 163 c.p. dispone la sospensione condizionale della pena nei termini di legge.

Imola, 30 aprile 2008.

Il Giudice