Sentenze

Sentenze

Furto-rito abbreviato-artt. 442,533,535,692 c.p.p.-condanna a due anni e venti giorni di reclusione,pagamento spese processuali,mantenimento in carcere-art. 235 c.p. ordina al termine pena l’allontanamento dal territorio- confisca delle borse impie

29 marzo 2016

Furto-rito abbreviato-artt. 442,533,535,692 c.p.p.-condanna a due anni e venti giorni di reclusione,pagamento spese processuali,mantenimento in carcere-art. 235 c.p. ordina al termine pena l’allontanamento dal territorio- confisca delle borse impiegate. 

Motivazione

I sigg.ri M. V. L.n e P. D. G. sono stati tratti in arresto per i delitti di furto aggravati a loro ascritti e condotti in udienza all’uopo fissata per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio direttissimo.

L’arresto è stato convalidato ed è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere.

Gli imputati hanno chiesto, con l’ausilio del Difensore e il sig. P. anche con l’ausilio dell’interprete, che il processo venisse definito con giudizio abbreviato.

Il processo è stato subito discusso e viene adesso deciso come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Dall’esame degli atti allegati per la convalida, da quelli assunti all’udienza di convalida (verbale di arresto, dalla C.N.R., dal verbali di querele, dal verbale di S.I.T., dalla relazione dell’Ufficiale di P.G. e dall’interrogatorio degli indagati), si rileva che gli imputati hanno concorso ex artt. 110 c.p. tra loro e con altro soggetto, rimasto sconosciuto, nel commettere, ai danni dei negozi C., O. di R. S.r.l., N. (gli ultimi due sono contenuti nell’ambito dell’O. di C. G., mentre la C., fuori dal recinto dell’O., è comunque vicino ad esso nell’ambito della medesima area commerciale), tre delitti di furto pluriaggravato dall’uso di mezzo fraudolento quale è certamente l’uso della borsa rivestita da carta stagnola in modo da ingannare i dispositivi antitaccheggi e dal fatto che è stato commesso da tre persone in concorso tra di loro.

In particolare dalla relazione del m.llo C. (il quale ha visionato le registrazioni delle telecamere di sorveglianza della C. e dell’O.) si è appreso che il sig. P., insieme al soggetto sfuggito alla cattura è colui che materialmente asportava gli oggetti dai negozi, per mezzo di due borse che i due portavano schermate appositamente con carta d’alluminio che le rende opache ai dispositivi antitaccheggio.

Ciò è tanto vero che tutta la refurtiva è stata trovata munita di placche e altri dispositivi antitaccheggio ancora integri a dimostrazione del fatto che i mezzi fraudolenti usati e cioè le borse così schermate, sono efficaci per ingannare i rilevatori.

Il sig. M. è colui che ha guidato la macchina di sua proprietà per portare i due autori materiali dei furti nelle vicinanze dell’O. e della C.. Inoltre si è messo nella posizione di potere fare da punto di riferimento e di sorveglianza dell’ambiente circostante per vedere se arrivavano pericoli e a bordo della macchina al cui posto di guida si trovava sono state trovate due borse con la schermatura e la refurtiva.

Quanto alle giustificazioni da lui addotte, non si dubita che nel frattempo, mentre si trovava in quella posizione e in quella funzione, egli abbia telefonato e scambiato messaggi con la sua fidanzata per risolvere una crisi nel loro rapporto sentimentale, ma è anche evidente che tutto ciò poteva essere fatto mentre egli svolgeva la funzione di palo che di fatto è stata documentata dal sig. D. C. (guardia giurata dell’O.) e dai Carabinieri che hanno anche visto come al loro arrivo, essendosi il sig. M. avveduto che stavano arrivando, egli ha acceso la macchina e fatto come per andarsene, cosa che ha immediatamente smesso di fare una volta che ha capito che i Carabinieri li avevano già puntati, cambiando subito atteggiamento in modo da inscenare qualcosa che potesse fare sembrare di essere li per caso, travolto dal corso di eventi che non governava.

Dalle riprese televisive riferite dal m.llo C. si vede che il sig. P. è coautore materiale dei furti alla C. alla quale si è recato insieme all’ignoto, mentre è il solo autore materiale da del furto alle O. della R. alla quale si è recato da solo, mentre l’ignoto terzo complice si recava alla N. dove è stato perso di vista.

In ogni caso da quanto documentato dall’indagine dei Carabinieri emergono elementi che dicono come tutti e tre si siano messi d’accordo per commettere con i mezzi visti (macchina per il trasporto, sorveglianza dell’ambiente da parte del sig. M., predisposizione di borse con schermatura, azione materiale furtiva commessa con le borse schermate dal sig. P. e dall’ignoto terzo, utilizzo della macchina come punto di raccolta del materiale rubato) per commettere una serie di furti.

Non è necessario al fine del concorso eventuale nel reato ex art. 110 c.p. che il programma criminale sia del tutto delineato e pertanto non è necessario provare, ai fini della prova del concorso, che i furti siano stati voluti da tutti e tre esattamente con le modalità che si sono verificate. È necessario invece provare che vi sia stata una volontà complessiva di commettere i furti, una volontà di ciascuno di concorrere con la sua azione a commettere i furti nella consapevolezza delle azioni che avrebbero posto in essere gli altri e, dal punto di vista oggettivo, accertare che il comportamento di ciascuno, che può essere anche solo di concorso morale, abbia determinato od agevolato la commissione dei furti.

Nel caso di specie la condotta del sig. M. evidenzia per il fatto di avere fornito la macchina, di avere guidato la medesima, di essere rimasto a sorvegliare e di avere fatto in modo che la sua macchina fosse utilizzata come punto di raccolta della refurtiva, è sufficiente per evidenziare la sussistenza di un concorso eventuale nei tre delitti di furto sia sotto l’aspetto materiale che quello soggettivo. Il fatto che il sig. M. sarebbe stato coinvolto suo malgrado, senza che lui lo volesse, è escluso da qualsiasi riscontro probatorio e anche il fatto che il sig. M. abbia, nel periodo di tempo che venivano commesso i furti colloquiato con telefonate e sms con la fidanzata, non consente di ritenere lo stesso privo di responsabilità a fronte dei dati oggettivi di collaborazione con gli altri due indicati dagli inquirenti.

Altrettanto si deve dire per il concorso del sig. P. nel furto alla N. dove egli non ha agito materialmente, ma del quale ha certamente voluto la commissione e l’ha anche agevolata con la sua presenza e la sua contemporanea opera furtiva alle c.d. O. della R. che si trovano nell’altra ala dell’O..

Dunque tutti e due devono essere ritenuti autori di tutti e tre furti ai sensi dell’art. 110 c.p. avendo posto in essere condotte materiali che hanno condotto alla commissione dei furti così come sono stati scoperti e avendo voluto la commissione dei medesimi.

Quanto al fine di trarne profitto richiesto dall’art. 624 c.p. in applicazione, esso è riscontrato da qualsiasi utilità che si avrebbe potuto ricavare dagli oggetti derubati, sia per uso personale diretto che anche per rivenderle e procurare somme di denaro, considerato anche che si tratta (vedi capo d’imputazione che riporta l’elenco della merce rubata) di merce assai appetibile nell’ambito di ricettazione.

Dell’esistenza delle due aggravanti in relazione a tutti e tre i furti si è già detto: le borse schermate costituiscono indubbiamente mezzo fraudolento che consente di superare le difese dei derubati (art. 625 n. 2 c.p.) come accertato in concreto e il fatto che erano in tre ad agire integra di per se l’aggravante di cui all’art. 625 n. 5 c.p.

Per apprezzare l’entità dei furti, si deve rilevare che essi non sono connotati, a causa del valore della merce asportata, anche singolarmente considerata in ragione del singolo furto, ben superiore in ogni caso a quello di una normale spesa per la propria sussistenza, dal fatto di avere arrecato un danno di lieve entità che consenta di applicare attenuante ai sensi dell’art. 62 n. 4 c.p. che non è pertanto applicabile. In ogni caso, al fine della non applicabilità di questa attenuante il lucro complessivamente ottenuto in tutti i furti, considerata la somma derivante dal valore della merce, non è di speciale tenuità e ciò impedisce in radice l’applicazione di questa attenuante.

Gli imputati sono incensurati, ma in base alla recente modifica dell’art. 62 bis c.p. questa condizione non è più ragione sufficiente per applicare le circostanze attenuanti generiche. Esse non sono applicabili neppure in relazione ad altre circostanze da sole o unite alla incensuratezza. Infatti si deve rilevare che il comportamento processuale, rispetto ai fatti è stato di assoluta negazione per quanto riguarda il sig. M. e di assoluto silenzio per quanto riguarda il sig. P.. priva di qualsiasi riscontro.

Per quanto riguarda la lunga presenza in Italia del sig. M. senza commissione di reati ciò non può costituire ragione per l’applicazione delle attenuanti generiche per due ordini di ragioni. Il primo è di immediata percezione: il fatto di non commettere reati è il comportamento normale che viene richiesto dal normale vivere civile e non vi nessun merito nel fare ciò. Chi così agisce, non commettendo reati nonostante le circostanze della vita che possono essere contrarie, ha solamente fatto quello che gli viene richiesto dalle necessità del vivere civile. Per quanto riguarda il fatto di non avere potuto lavorare in regola per il periodo in cui era clandestino, prima dell’ingresso nell’U.E. della Romania, si rappresenta che è diritto dello Stato stabilire chi può entrare e chi non può entrare nel suo territorio nazionale e anche di stabilire le conseguenze della clandestinità ivi compreso il divieto di essere adibiti ad un lavoro. Se taluno ha commesso un illecito nell’assumerlo in “nero” è indubbio, anche se comprensibile nelle motivazioni, che l’accettazione del sig. M. di lavorare in “nero”, ha concorso a commettere questo illecito. Non vi è pertanto nessuna ragione per questa via al fine di applicare le circostanze attenuanti generiche.

Ancora più grave è il comportamento del sig. P..

Di lui si deve dire che quello che emerge è che lui è venuto da così lontano solo per commettere reati. Pertanto non è meritevole a nessun titolo delle attenuanti generiche.

Per il sig. M. non vi è neppure l’attenuante del minimo contributo causale ai sensi dell’art. 114 comma 1° c.p. dato che senza la macchina i furti non sarebbe davvero stato possibile che fossero eseguiti. Gli altri due avrebbero dovuto rubare in altre parti, se avessero voluto, raggiungibili senza macchina oppure avviarsi con i mezzi pubblici, cosa che avrebbe reso difficile se non impossibile la commissione dei furti.

I fatti comunque sono chiaramente avvinti dal vincolo della continuazione dato che è evidente che i tre furti sono il frutto di un medesimo disegno criminoso.

Si applica pertanto l’unificazione dei reati di cui all’art. 81 cpv. c.p. A tale fine il reato più grave è quello di cui alla C. per il maggiore valore della merce derubata in quel posto.  

Considerati i criteri di cui all’art. 133 c.p., tenuto conto del fatto che gli imputati si sono dimostrati tranquilli da subito quanto sono stati fermati si ritiene di potere orientare l’applicazione della pena ai livelli edittali minimi previsti dall’art. 625 comma 2° c..p. che è la norma che deve essere applicata, considerando che vi sono due aggravanti e che si è ritenuto di non potere applicare nessuna attenuante. Pertanto complessivamente la pena da irrogare , congrua alla luce dei criteri di cui alla citata norma, corrisponde ad anni tre e mesi uno di reclusione ed € 230,00 di multa (pena base anni tre di reclusione ed € 206,00 di multa, minimo edittale della pena, per il furto aggravato all’O., aumentata per la continuazione con gli altri due furti fino alla pena finale)

La detta pena va diminuita per il beneficio connesso al rito e pertanto in concreto si irroga la pena di anni due e giorni venti di reclusione ed € 153,34 di multa.

La pena in concreto irrogata non è compatibile con la concessione della sospensione condizionale della pena per tutti e due.

In ogni caso per il sig. P. è davvero impossibile riscontrare la possibilità di fare una prognosi favorevole circa la futura non commissione dei reati dato che egli, appena arrivato in Italia si è subito dato alla commissione di reati.

Dunque ai sensi degli artt. 163 e 164 c.p. è impossibile la sospensione condizionale della pena.

Per tutti e due, ai sensi dell’art. 235 c.p. novellato come da D.L. 92/2008 convertito in L. 125/2008, si deve disporre la misura di sicurezza dell’allontanamento dal territorio dello Stato essendo stato condannato a pena superiore ad anni due di reclusione.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali e delle spese di mantenimento in carcere.

Si dispone, ai sensi dell’art. 240 c.p., confisca delle borse in sequestro e la distruzione delle posticce schermature in quanto mezzi utilizzati per commettere i delitti.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali e quelle di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere per tutti e due.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati 442, 533, 535 e 692 c.p.p.;

dichiara M. V. L. e P. D. G., colpevoli dei delitti aggravati a loro ascritti, commessi in continuazione tra di loro e, ritenuto più grave il furto commesso presso C.., considerata la diminuente del rito, per l’effetto li condanna tutti e due alla pena anni due e giorni venti di reclusione ed € 153,34 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e delle spese di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.

Visto l’art. 235 c.p. ordina nei confronti di M. V. L. e P. D. G., al termine della pena, la misura di sicurezza dell’allontanamento dal territorio dello Stato.

Visto l’art. 240 c.p. ordina la confisca delle borse in sequestro e la distruzione delle posticce schermature di cui esse sono dotate.

Imola, 21 febbraio 2009.

Il Giudice