Sentenze

Sentenze

Furto in appartamento- clandestino- rito abbreviato- artt. 62 bis c.p., 444 e ss. c.p.p.- condanna ad anni uno e mesi quattro di reclusione e multa- art. 163 c.p. ordina sospensione condizionale pena per cinque anni-artt.62 bis c.p.; 442, 533,535 c.p

29 marzo 2016

Furto in appartamento- clandestino- rito abbreviato- artt. 62 bis c.p., 444 e ss. c.p.p.- condanna ad anni uno e mesi quattro di reclusione e multa- art. 163 c.p. ordina sospensione condizionale pena per cinque anni-artt.62 bis c.p.; 442, 533,535 c.p.p.

 

Motivazione

I sigg.ri B. S. e C. N. sono stati tratti in arresto per il delitto in imputazione e, dopo la convalida dell’arresto e l’applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere per tutti e due gli imputati, sono stati chiesti i termini a Difesa.

All’udienza odierna, il Difensore in forza di procura speciale ha svolto istanza di applicazione per quanto riguarda il sig. B., mentre il sig. C., non avendo raggiunto per lui il Difensore un accordo con il P.M. (è stata proposta dal Difensore una pena detentiva di anni uno e mesi sei di reclusione, senza sospensione condizionale), ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato.

Il P.M. ha prestato consenso alla richiesta di patteggiamento esposta nell’interesse del sig. B..

Il Giudice ha ammesso il rito abbreviato e il sig. C., prima della discussione, ha svolto dichiarazioni spontanee nel corso delle quali ha dichiarato di scusarsi e che non farà mai più una cosa simile.

Discusso il processo, questo viene adesso deciso come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Esaminiamo prima l’istanza di patteggiamento svolta nell’interesse del sig. B..

Il giudice, preso atto della menzionata istanza di applicazione di pena, rileva che non sussistono agli atti elementi per pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p., sussistendo prove di responsabilità dell’imputato tratte dal verbale di arresto, dai verbali di perquisizione, sequestro, dall’interrogatorio degli arrestati, dalla relazione dell’Ufficiale di P.G., dal verbale di S.I.T. del sig. P. R. e dal verbale di querela e successiva integrazione presentata dal sig. U. I.), che consentono di sostenere che gli indagati e dunque anche il sig. B., si sono introdotti nella abitazione del sig. U. I. nel comune di C. S. P. T. (BO), via G. T. n. ****, forzando la porta d’ingresso con un piede di porco ed impossessandosi di una somma di denaro di circa € 500,00 e di due anelli d’oro non più ritrovati dichiarati di valore complessivo di € 1500,00.

Vero è che i sigg.ri B. e C. hanno ammesso solo parzialmente i fatti, ammettendo solo il furto di oggetti di scarso valore nel garage del sig. U. e un tentativo di effrazione alla porta dell’abitazione che non sarebbe riuscito. Tuttavia le deposizioni del sig. U. indicano un realtà diversa e precisamente di ingresso avvenuto con effrazione e di asportazione di denaro e preziosi, questi mai trovati. Come si è già detto in sede di convalida dell’arresto, si deve tenere conto dell’attitudine delle dichiarazioni del sig. U. a divenire vera e propria testimonianza in sede dibattimentale e pertanto la versione da questi riferita deve essere maggiormente considerata di quella degli imputati.

Ne discende una dimostrata colpevolezza dell’imputato sig. B. a questi fini.

Il Giudicante ritiene, inoltre, che la qualificazione giuridica del fatto sia corretta, e di potere pertanto applicare al sig. B. S., la pena - congrua alla luce dei criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p. – sulle quali è intervenuto il consenso delle parti e così dalle stesse determinata: attenuanti generiche (concedibili per la confessione e per la pregressa incensuratezza) equivalenti all’aggravante contestata dell’effrazione, pena base anni due di reclusione ed € 600,00 di multa, diminuita per il rito ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa.

Il problema di questa richiesta di applicazione pena su richiesta non è certo sulla congruità della pena, ma solo sul fatto che essa è subordinata alla sospensione condizionale della stessa. In proposito si rileva che in convalida era stato scritto che …la gravità del comportamento rende impossibile svolgere una prognosi favorevole circa la non ricaduta nel reato”.

Nonostante avesse letto ciò il P.M. ha dato il consenso a questa sospensione condizionale della pena. Evidentemente ha valutato che la condizione di regolarità nel territorio italiano del reo, il fatto che egli è davvero molto giovane e il fatto che potrà riprendere immediatamente una regolare condotta di vita, se messo alla prova, possa costituire una garanzia sufficiente per ritenere che egli si asterrà dal commettere ulteriori reati. A ciò si aggiunge che la pena per il quale vi è stato accordo tra le parti è sufficientemente alta e ciò costituisce una seria remora, ritiene il giudice, affinché il soggetto non commetta ulteriori fatti delittuosi. Infatti se entro cinque anni accadrà un altro episodio conseguirà senza dubbio una revoca della sospensione condizionale per il semplice fatto della commissione del delitto. In considerazione di ciò si ritiene di potere accordare al sig. B. la richiesta sospensione condizionale della pena.

All’applicazione della pena su richiesta non consegue la condanna alle spese del procedimento ai sensi dell’art. 445 c.p.p. comma 1.

Segue invece la condanna al pagamento di eventuali spese per custodia di mezzi ed oggetti e quella per il mantenimento in carcere.

Ai sensi dell’art. 300 comma 3° c.p.p. si dichiara la perdita di efficacia della misura cautelare della custodia in carcere disposta con ordinanza del 24 novembre 2008 e si dispone l’immediata rimessione in libertà del sig. B. S., se non detenuto per altra causa.

Per quanto riguarda la posizione del sig. C. N., che ha chiesto il giudizio abbreviato, dall’esame dei medesimi atti allegati al fascicolo del P.M. si rileva che (dal verbale di arresto, dai verbali di perquisizione, sequestro, dall’interrogatorio degli arrestati, dalla relazione dell’Ufficiale di P.G., dal verbale di S.I.T. del sig. P. R. e dal verbale di querela e successiva integrazione presentata dal sig. U. I.), tutti e due gli indagati e pertanto anche il sig. C. si sono introdotti nella abitazione del sig. U. I. nel comune di C. S. P. T. (BO), via G. T. n. ***** forzando la una porta d’ingresso con un piede di porco ed impossessandosi di una somma di denaro di circa € 500,00 e di due anelli d’oro non più ritrovati dichiarati di valore complessivo di € 1500,00.

In proposito si deve rilevare che i due imputati hanno ammesso solamente di essere entrati nel garage aperto del sig. U., di avere preso lì il palanchino usato per l’effrazione e la torcia elettrica, di avere tentato di entrare in casa usando il predetto palanchino senza riuscirci perché disturbati dall’arrivo del proprietario e negano di avere preso la somma e la restante refurtiva denunciata rubata dal sig. U..

Rileva però lo scrivente che il sig. U., ha dichiarato cosa diversa (vedi verbale di querela e sua integrazione) e si rileva che le dichiarazioni del sig. U., oltre che di per se credibili per il fatto di essere svolte da persona che può assumere la qualità di testimone, sono anche supportate dal fatto che la perquisizione indica che vi è stato sequestro di una somma composta come quella indicata dal sig. U. e non vi sono elementi per dire che si tratti di una versione di comodo al fine precostituire dei negativi elementi di prova per gli imputati e per il sig. C. in particolare.

Ciò premesso, il fatto è giustamente da qualificare come furto in abitazione ex art. 624 bis c.p. in quanto per commettere il furto i due e pertanto anche il sig. C., è penetrato nell’abitazione del sig. U.. Il fatto è anche aggravato dalla violenza sulle cose ex art. 625 n. 2 c.p. dovuta all’effrazione della porta e serratura dell’ingresso. Dunque il fatto è l’ipotesi aggravata di cui all’art. 624 bis comma 2° c.p.

Il fine di profitto, dolo specifico del delitto di furto, è riscontrato dal fatto che sono stati rubati denaro e gioielli, cose di per se suscettibili di valore economico e in grado di essere usate per soddisfare in bisogni dell’imputato.

In considerazione di queste argomentazioni si deve dichiarare colpevole il sig. C..

Il reato da lui commesso è ulteriormente aggravato perché commesso da chi è clandestino nel territorio italiano e pertanto sussiste la contestata aggravante di cui all’art. 61 n. 11 bis c.p.

Ci si deve domandare se al sig. C. possano essere concesse le attenuanti generiche. In effetti egli è incensurato anche se lo è solo molto formalmente dato che sono in itinere due precedenti per delitti che per quanto si tratti di fattispecie molto contestate da una parte degli operatori della giustizia e anche da parti dell’opinione politica, essi sono reati che esistono per la legge dello Stato e devono essere considerate come tali, senza giudizi di alcun genere sulla bontà delle leggi che li hanno introdotti e sulla loro opportunità. Inoltre si deve anche rilevare che con recente modifica la concessione delle attenuanti generiche non può essere concessa per la sola incensuratezza (vedi testo novellato dell’art. 62 bis comma 3° c.p.).

Si deve però considerare un’altra cosa e cioè che il sig. C. ha svolto una confessione che indubbiamente ha permesso la sua individuazione come colpevoli del fatto (anche se poi nella confessione tendono a sminuire quanto hanno fatto rispetto all’accaduto attestato dai testimoni) che per lo meno consente di ovviare ad una difettosa individuazione operata nel corso delle indagini preliminari. Infatti se solo si guarda gli atti di S.I.T. e querela dei sigg.ri P. ed U. si può verificare che il riconoscimento non è avvenuto ai sensi degli artt. 213, 214, 351 e 361 c.p.p., ma in seguito ad incontro delle persone sentite sopra indicate con gli imputati all’interno dei locali della Stazione dei Carabinieri. Infatti è ben noto che il riconoscimento operato dalla P.G. può avvenire con forme atipiche e può ben essere utilizzato così dal giudice, ma è anche vero che il codice prevede forme più garantite e la confessione dei sig.ri S. e C. hanno tolto ogni necessità di effettuare nel corso del giudizio queste ricognizioni più garantite.

Pertanto ritiene lo scrivente che in ragione di tutto ciò le attenuanti generiche possono essere concesse e dichiararle, per il giudizio di cui all’art. 69 c.p. equivalenti alle dette aggravanti, tutte e due considerate.

Conseguentemente si ritiene di potere irrogare, tenuto conto della maggiore gravità soggettiva del fatto commesso dal sig. C., perché lo ha commesso mentre era sottoposto a misura cautelare,  la pena di anni due e mesi tre di reclusione ed € 900,00 di multa congrua alla luce dei criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p.

In considerazione della diminuente del rito il sig. C. vede applicarsi una pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed € 600,00 di multa.

Non è però possibile svolgere una prognosi favorevole circa la richiesta di sospensione condizionale della pena. Egli è in Italia clandestinamente e pertanto non può lavorare in modo regolare. Questo lo conduce già di per sulla strada della delinquenza. I fatti pregressi per cui vi sono in itinere procedimenti penali sono comunque indicativi di una capacità delittuosa dell’imputato e pertanto la prognosi non può essere favorevole. La sospensione condizionale della pena non può dunque essere concessa anche se in astratto ancora concedibile.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali e delle spese di mantenimento in carcere.

Si dispone anche la confisca e la distruzione degli attrezzi da scasso in sequestro in quanto sono stati il mezzo della commissione del reato.

Il Difensore ha chiesto revoca o sostituzione della misura cautelare in atti. Si rileva che la situazione non è cambiata dall’applicazione della misura avvenuta il 24 novembre 2008. Sussiste come visto sopra il pericolo di reiterazione del reato.

Le richieste di pena presentate dal P.M. oggi sono incompatibili con un suo parere favorevole a queste richieste.

Preso atto di ciò si osserva che ogni misura cautelare non custodiale non è idonea al fine di evitare la reiterazione di reati atteso che nonostante l’irrogazione della stessa per uno dei precedenti in itinere ed ancora in vigore al momento del fatto per cui oggi si procede non è valsa a costituire un serio impedimento al presente reato.

Rimangono solo le misure detentive. La misura degli arresti domiciliari chiesta il 24 novembre in relazione alla manifestata disponibilità di persona non legata da stretti rapporti con l’imputato non è certo idonea come già detto nell’ordinanza che sul punto si richiama integralmente e pertanto la stessa non è applicabile neanche oggi. Si presenta inoltre la grave difficoltà di applicare misure come gli arresti domiciliari a persone clandestine, sedicenti come l’imputato e pertanto senza documenti e di fatto senza legami seri. Ci si riserva di valutare nel prosieguo se vi sarà occasione ulteriori richieste di arresti domiciliari in relazione alla diverse particolarità del caso che potranno essere documentate.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati, 62 bis c.p., 444 e ss. c.p.p.;

su richiesta delle parti, applica a B. S., in ordine al reato a lui ascritto in rubrica, sul presupposto della concessione delle attenuanti generiche equivalenti all’aggravante a lui contestata, considerata a diminuente del rito, la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa.

Visto 163 c.p. ordina in suo favore la sospensione condizionale della pena per anni cinque.

Visto l’art. 692 c.p.p. e il D.P.R. 115/2002 condanna B. S. a pagare le spese di mantenimento durante la custodia cautelare e le eventuali spese di custodia di macchine ed altri oggetti.

Visto l’art. 300 comma 3° c.p.p. dichiara nei confronti di B. S. la perdita di efficacia della misura della custodia cautelare in carcere disposta con ordinanza del 24 novembre 2008 e ne dispone la liberazione se non detenuto per altra causa.

Visti gli artt. rubricati 62 bis c.p.; 442, 533 e 535 c.p.p.;

dichiara C. N., sedicente, colpevole del reato ascrittogli aggravato come contestato e applicate in suo favore le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della violenza sulle cose e della clandestinità, considerata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed € 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere.

Visto l’art. 240 c.p. dispone la confisca e la distruzione degli attrezzi da scasso in sequestro.

Visto l’art. 299 c.p. respinge l’istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere attualmente in atto prescritta da ordinanza del 24 novembre 2008 e manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito.

Imola, 27 novembre 2008.

Il Giudice