Sentenze

Sentenze

Furto- Carta identità,di credito e altri oggetti- truffa: non si procede per difetto di querela-artt. 81 cpv.c.p, 442, 533 e 535 c.p.p.-condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione,al pagamento di una multa oltre le spese processuali.

29 marzo 2016

Furto- Carta identità,di credito e altri oggetti- truffa: non si procede per difetto di querela-artt. 81 cpv.c.p, 442, 533 e 535 c.p.p.-condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione,al pagamento di una multa oltre le spese processuali.

 

Motivazione

Con decreto di citazione diretta del P.M. emesso in data 28 settembre 2005 il sig. De L. D. veniva tratto a giudizio per i delitti in epigrafe indicati.

Il processo si svolgeva nella dichiarata contumacia del sig. De L. e il Difensore, munito di procura speciale, chiedeva che lo stesso fosse definito con il rito del giudizio abbreviato.

Il Giudice, ammetteva il rito e acquisiva il fascicolo del P.M.

La causa veniva subito discussa e decisa come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Dall’esame degli atti allegati al fascicolo del P.M. si rileva che (C.N.R., verbale di denuncia orale rilasciata dal S. A., B. N., C. R. e A. G., verbale di s.i.t. rilasciata da B. M., fotogrammi ripresi da telecamera di sorveglianza, e fascicolo fotografico) risulta che il sig. De L., in data 28 e 29 novembre 2001 ha effettuato due prelievi dal conto corrente intestato a S. A., utilizzando una carta d’identità con i suoi dati e riportanti la fotografia di questi e facendo credere alla sig.ra B. M. di essere il medesimo sig. S., nato a Faenza il * marzo ****. Assumendo questa falsa identità il sig. De L. si fece rilasciare le somme di £. 500.000 il 28 novembre e £ 650.000 il 29 novembre.

Risulta che la predetta carta d’identità venne sottratta pochi giorni prima presso il centro rugby di I. dove al sig. S. vennero sottratte numerosi oggetti unitamente ad altri oggetti sottratti a C. R. e E.e A..

Non vi sono dubbi sul fatto che il sig. De L. sia responsabile del prelievo poiché la sig.ra B. lo ha riconosciuto con certezza.

Detto ciò si deve rilevare che l’imputato è certamente colpevole il delitto di furto a lui accreditato sub 1), 2 e 3) dell’imputazione. Infatti il fatto che il prelievo è avvenuto pochi giorni dopo il furto avvenuto il 22 novembre 2001 e il fatto che i colpi siano stati effettuati presso la Cassa di Risparmio agenzia * indicano che il sig. D. era anche in possesso del bancomat che come si evince dalla denuncia era stato rilasciato proprio da quella agenzia della Cassa di Risparmio. Dunque il sig. D. era in possesso di altri oggetti oltre la carta d’identità da lui utilizzata per svolgere il colpo alla banca e conseguentemente si ritiene che sia lui l’autore dei furti.

In proposito si deve ritenere corretta la contestazione dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede effettuata nel capo d’imputazione. Come si legge dalle denuncie i beni si trovavano all’interno di uno spogliatoio di un impianto pubblico dove chiunque può accedere sulla base della mera apparenza dello svolgimento dell’attività sportiva. Gli oggetti si trovavano lì in attesa de ritorno dei legittimi proprietari, senza che fossero protetti da armadietti. Come è noto il concetto della necessità dell’esposizione alla pubblica fede dipende da un atto logico da parte del giudice, di valutazione del comportamento concreto del soggetto passivo del reato che è impossibilitato a provvedere ad una costante custodia, senza che questa mancata custodia sia una mera comodità o trascuratezza. Nel caso concreto, in mancanza di armadietti chiusi a chiave l’alternativa per i derubati consisteva nel provvedere continuativamente alla custodia degli oggetti e rinunciare all’attività sportiva, oppure di svolgere attività sportiva lasciando gli oggetti dentro lo spogliatoio confidando che nessuno andasse a rubare. Dunque per svolgere attività sportiva, dato che è certo che la stessa non avrebbe potuto essere esercitata portando addosso gli oggetti, l’affidamento alla pubblica fede era necessitato. Pare allo scrivente che l’essenza dell’aggravante sia configurata e dunque che il sig. D. abbia approfittato del fatto di trovare le cose così esposte e fare man bassa, integrando così anche l’elemento soggettivo di cui all’art. 59 comma 2° c.p.

Dato atto di ciò il sig. D. è certamente responsabile dei delitti di cui a capo *C) e C) dell’imputazione. La brevità del tempo trascorso tra il furto e i prelievi indicano che fu proprio lui a falsificare la carta d’identità sostituendo la propria fotografia a quella del sig. S.. Inoltre ha anche sostituito la persona di se stesso al sig. S. facendo credere di essere lui.

Il sig. D. ha anche commesso il fatto di cui al capo B), ma il fatto non può essere qualificato ai sensi dell’art. 12 L 197/91 come ritenuto dal P.M. Infatti per fare i prelievi il sig. non ha utilizzato carte di credito o di pagamento o documento analogo ad esse che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni e servizi. La carta d’identità infatti non ha tale funzione, ma quella di consentire l’accertamento della identità.

Dunque il fatto non è qualificabile ai sensi dell’art. 12 citato, bensì ai sensi dell’art. 640 c.p. che mancando a querela deve essere dichiarato improcedibile. Infatti la carta d’identità falsificata è stato l’artifizio che ha tratto in inganno la sig.ra B. e che ha convinto la stessa a fare i richiesti pagamenti con danno del medesimo sig. S. e/o della banca che potrebbe essere stata chiamata a risarcire il danno in favore del sig. S. medesimo. Si ricordi che la truffa svolta ingannando un terzo è assolutamente compresa nello schema dell’art. 640 c.p. Ne la banca, ne lo S., hanno presentato querela essendo presente agi atti una semplice denuncia della madre dello S..

Il sig. De L. deve pertanto essere ritenuto colpevole solo dei fatti a lui ascritti sub a), *c) e C) dell’imputazione.

I fatti sono stati certamente commessi nello svolgimento di un medesimo disegno criminoso e dunque nell’ambito di un reato continuato.

Non si possono applicare attenuanti generiche per la sussistenza di precedenti specifici.

Conseguentemente, considerati i predetti criteri di cui all’art. 133 c.p. ritenuto più grave il delitto di furto, si irroga al sig. De L. la pena di anni due di reclusione ed € 450,00 di multa (p.b. anni uno e mesi sei di reclusione ed € 450,00 di multa, aumentata fino alla pena finale per la continuazione con gli altri reati),

Su questa pena si deve applicare la diminuzione per il rito abbreviato e conseguentemente la pena in concreto irrogata ammonta ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 300,00 di multa.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

All’imputato non sono applicabili benefici, ed in particolare la sospensione condizionale della pena non essendo possibile fare una prognosi favorevole circa la sua non ricaduta nel reato.

Per quanto riguarda il capo B) si deve dichiarare previa riqualificazione del fatto in truffa ex art. 640 c.p. la non procedibilità per mancanza di querela.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati 81 cpv. c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.;

dichiara De L. D. colpevole dei reati ascrittigli sub A) *C) e C) dell’imputazione, ritenuti in continuazione tra di loro e, ritenuto più grave il delitto sub A), considerata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visti gli artt. 12 L. 197/91, 640 c.p., 442, 521 comma 1° e 529 c.p.p.;

previa riqualificazione del fatto di cui al capo B) come truffa, dichiara non doversi procedere per tale fatto per difetto di querela non essendo la stessa mai presentata.

Imola, 21 febbraio 2006.

Il Giudice