Sentenze

Sentenze

Evasione dal regime di detenzione domiciliare-artt. 442, 533, 535 e 692 c.p.p- colpevole- condanna a reclusione e pagamento spese processuali e mantenimento in carcere- danneggiamento di una porta, il fatto non sussiste- revoca misura custodia cautel

29 marzo 2016

Evasione dal regime di detenzione domiciliare-artt. 442 ,533, 535 e 692 c.p.p-colpevole-condanna a reclusione e pagamento spese processuali e mantenimento in carcere- danneggiamento di una porta, il fatto non sussiste- revoca misura custodia cautelare.

 

Motivazione

In seguito a convalida dell’arresto in flagranza, con applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, nei confronti del sig. C. J veniva disposto il giudizio direttissimo, con trasmissione degli atti alla intestata sezione distaccata essendo stata fatta la convalida in Bologna.

Il sig. C., presente all’odierna udienza, chiedeva che si procedesse con rito abbreviato.

Ammesso il rito, sentite le dichiarazioni spontanee del sig. C., acquisito il fascicolo del P.M., la causa veniva discussa.

Dall’esame degli atti allegati al fascicolo del P.M. e dagli atti assunti all’udienza di convalida (C.N.R., relazione orale dell’Ufficiale di P.G., interrogatorio del sig. C., verbale di arresto e provvedimenti di concessione di varie deroghe al regime di arresti domiciliari per cui è processo) si desume che l’imputato è sottoposto a diverse misure e cioè ad un regime di detenzione domiciliare amministrato dal magistrato di sorveglianza e da un regime di arresti domiciliari amministrato dal G.I.P.

In relazione alla prima misura il magistrato di sorveglianza ha disposto oltre la possibilità di andare in cortile quando vuole, la possibilità di allontanarsi dall’abitazione dalle ore 14,00 alle ore 18,00 (verbale del 26 gennaio 2005), la possibilità di allontanarsi dalle ore 20,00 alle ore 24,00 il lunedì ed un mercoledì per la frequentazione di un corso di formazione che abbiamo appreso essere un corso di ballo. Su questo ultimo punto si deve solo dire che, nonostante lo scrivente nutra perplessità circa il carattere formativo del ballo, atteso che non risulta il detenuto essere un professionista, la vicenda è pacifica e non deve essere qui sindacata.

Per quanto riguarda il regime di arresti domiciliari, il G.I.P., con formula sintetica (si riporta quanto scritto in calce all’istanza del sig. C. del 14 marzo 2005: “V° N.O.” seguito dalla data e dalla sottoscrizione del GIP), si rileva che l’imputato può allontanarsi dagli arresti domiciliari dalle ore 7,30 alle ore 18,30 di ogni giorno e il sabato dalle ore 7,30 alle ore 13,30.

Il fatto è avvenuto l’8 giugno che era un mercoledì, ed è pacifico che il sig. C. si sia allontanato dalle ore 7,30 del mattino e non abbia fatto ritorno che alle ore 00,01 anche a ritenere veritiere le affermazioni fatte dall’imputato. Si ricorda che gli arresti domiciliari per giurisprudenza assolutamente costante consentono di arrivare fino alla soglia della porta. Appena al di fuori della soglia per quanto vicini si sia al luogo di detenzione si è già integrato il reato di evasione, salva l’esistenza di legittima difesa o stato di necessità che non ricorrono nel caso concreto. Dunque già solo per questo fatto il reato di evasione appare configurato.

Si evidenzia inoltre che i due provvedimenti, del GIP e del Tribunale di Sorveglianza coesistono per cui il sig. C. deve osservanza a tutti e due i provvedimenti perché irrogati in relazione a diverse fattispecie, cautelari per quanto riguarda il G.I.P. e di espiazione pena per quanto riguarda il Tribunale di Sorveglianza.

Il provvedimento del G.I.P non supera affatto il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza per cui è chiaro che lo stesso essendosi allontanato dalle 7,30 del mattino (SIT di M. R. del 9 giugno 2005) ed essendo stato controllato senza essere stato trovato alle ore 18,47 era comunque in flagranza del delitto di evasione rispetto alla detenzione domiciliare e ciò senza che contasse il disguido riferito dal sig. C. proprio perché in relazione alla detenzione domiciliare proprio non doveva uscire fino alle ore 14,00 indicate nel verbale del 26 gennaio 2005.

Si evidenzia anche che questo è proprio il punto specifico indicato nel capo d’imputazione redatto dal P.M.

L’imputato è dunque colpevole del reato di evasione dal regime della detenzione domiciliare a lui ascritto, non essendo neppure stata contestata in atti la violazione del regime di arresti domiciliari amministrati dal G.I.P. e per la quale il P.M., se riterrà di dover procedere, potrà dunque procedere non essendovi ne bis in idem neppure nel caso di passaggio in giudicato della presente sentenza.

Discorso diverso si deve fare per il discorso di resistenza.

Infatti è emerso che la condotta dell’imputato si è limitata al dimenarsi perché si rifiutava di entrare in cella di sicurezza dalla quale è poi stato fatto fuoriuscire avendo accusato l’imputato una mancanza d’aria e avendo lo stesso acconsentito a restare in ufficio ammanettato per motivi di sicurezza (vedi verbale di arresto). Per uscire dalla cella aveva segnalato i suoi problemi certamente in modo poco urbano avendo il sig. C. spintonato ripetutamente la porta, provocando forti rumori (cfr. sempre verbale di arresto).

A questo punto si deve osservare che la condotta del divincolarsi e dimenarsi è certamente costitutiva del delitto di resistenza, ma ciò non in ogni caso, ma solo quando costituisca un vero e proprio impiego di forza diretto a neutralizzare l’azione del pubblico ufficiale e darsi alla fuga (cfr. Cass. Pen. sez. 6 del 4 settembre 2003 n. 35125).

Nel presente caso emerge dallo stesso verbale di arresto che la reazione del sig. C. fu determinata dalla vista della piccola cella di sicurezza presso la quale venia condotto e non è stato fatto nessun accenno al fatto che il comportamento del dimenarsi evidenziasse una fuga. Dunque il fatto costituisce una reazione spontanea ed istintiva che non costituisce il fatto stesso di reato in base alla medesima giurisprudenza sopra indicata. Lo stesso si deve dire per la condotta di spintonamento della porta che non ha arrecato nessun danno e che peraltro non appare diretta neppure ad opporsi ad un atto di ufficio della P.G. essendo il sig. C. già trattenuto felicemente in camera di sicurezza. Questo fatto evidenzia un tentato danneggiamento aggravato per essere la porta un oggetto destinato ad uso pubblico, ma giammai l’invocata resistenza. Non esistendo indicazioni in ordine all’idoneità ed univocità degli atti al fine di danneggiare (in atti risulta solo che l’imputato fece questo per attirare l’attenzione e non per danneggiare), si manda assolto l’imputato per questo reato così riqualificato ai sensi dell’art. 521 c.p.p.

Per il reato di evasione non sono riconoscibili in favore dell’imputato alcuna attenuante attesi i precedenti ostativi anche specifici.

In relazione ai criteri di cui all’art. 133 c.p., si ritiene di potere irrogare all’imputato la pena di mesi quattro e giorni venti di reclusione (p.b. mesi sette di reclusione diminuita, diminuita per il rito fino alla misura indicata).

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della spese di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere.

L’imputato, per mezzo del suo difensore ha chiesto la revoca della misura della custodia cautelare in carcere.

Il P.M. ha espresso parere sfavorevole.

Si evidenzia in proposito che, fermo restando le determinazioni del G.I.P. e del Magistrato di Sorveglianza in ordine alla revoca e alla sostituzione delle misure di detenzione domiciliare e di arresti domiciliari con altre più gravose, sulle quali questo giudice non deve interferire, si rileva che il delitto di evasione è punito con pena inferiore ai limiti prescritti dall’art. 280 c.p.p. L’art. 3 del D.Lv. 152/91 prevede la possibilità di deroga all’art. 280 c.p., ma non all’art 274 lett. c) c.p.p. Infatti la misura in atto è stata disposta per questa causa. Si rileva che non ricorre il caso concreto perché l’imputato è stato condannato in concreto ad una pena molto più bassa di quella di cui all’art. 274 lett. c. Pertanto si rileva l’impossibilità di mantenere questa misura e di applicare altra misura.

Il sig. C. dovrà essere ricondotto alla detenzione domiciliare e agli arresti domiciliari entro i quali si trovava salvi i diversi provvedimenti delle autorità giudiziarie sopra indicate e ciò anche se nel presente caso emerge il fatto che la convivente del sig. C. rifiuti come è in atti l’ulteriore sottoposizione del sig. C. alla detenzione domiciliare in casa sua perché fino ad eventuale provvedimento del magistrato di sorveglianza il provvedimento custodiale legalmente applicabile è quello, oltre quello del G.I.P. per il quale non è fatta, apparentemente, alcuna rimostranza.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati, 442, 533, 535  e 692 c.p.p.;

dichiara C. J. colpevole del reato di allontanamento dal luogo di detenzione domiciliare a lui ascritto e, applicata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di mesi quattro e giorni venti di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere.

Visti gli artt. 635 c.p., 442, 521 e 530 comma 1° c.p.p.,

assolve C. J. dal reato di resistenza in relazione alla condotta di dimenarsi e dal reato di danneggiamento aggravato in relazione alla condotta di scagliarsi contro la porta, così riqualificata tale fatto, perché il fatto non sussiste.

Visto l’art. 274, 275, 285, 299 c.p.p.,

revoca la misura della custodia cautelare in carcere e dispone la liberazione di C. J. se non detenuto per altra causa, ferma restando la permanenza delle misure disposte dal Tribunale di Sorveglianza e dal G.I.P.

Imola, 23 maggio 2005.

Il Giudice