Sentenze

Sentenze

Evasione arresti domiciliari- rito abbreviato- artt. 62 bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.- condanna a due mesi e venti giorni di reclusione e pagamento spese processuali-art.53 L 689/81 converte la pena in multa- condona per indulto l’intera pena.

29 marzo 2016

Evasione arresti domiciliari- rito abbreviato- artt. 62 bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.- condanna a due mesi e venti giorni di reclusione e pagamento spese processuali-art.53 L 689/81 converte la pena in multa- condona per indulto l’intera pena.

 

Motivazione

Con decreto di citazione diretta a giudizio, emesso dal P.M. il 21 novembre 2007, don A. A., sacerdote, è stato tratto a giudizio per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari indicato in imputazione.

È stato necessario rinnovare la notificazione del decreto di citazione data l’inidoneità del domicilio eletto ad un primo tentativo di notifica.

Don A. non è comparso e si è proceduto nella sua dichiarata contumacia.

Il Difensore, munito di procura speciale, ha svolto istanza di giudizio abbreviato chiedendo nel medesimo tempo l’interrogatorio dell’imputato. Ammesso il rito, acquisito il fascicolo del P.M., il processo è stato rinviato ad oggi per sentire l’imputato.

All’udienza odierna l’imputato è comparso ed ha accettato di rendere interrogatorio. Esaurito l’esame il processo è stato discusso e deciso come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Dall’esame degli atti allegati al fascicolo del P.M. e dagli atti assunti all’udienza di convalida (C.N.R., annotazione di servizio, ordinanza del G.I.P di F. del 2 settembre 2005, certificato del medico curante del 21 luglio 2007 circa la pregressa sindrome ansioso depressiva dell’imputato, ricetta medica del 9 febbraio 2006 circa la prescrizione di “L.”, interrogatorio dell’imputato) si desume che l’imputato il 9 febbraio 2006 era sottoposto nell’ex convento dei cappuccini di via V. 10 in C. S. P. T..

Ha riferito il medesimo Don A. di essere effettivamente uscito dagli arresti domiciliari in orario a lui non consentito, ma di avere fatto ciò perché si è sentito poco bene in relazione ad una animata discussione che ha avuto con un altro sacerdote che in quel momento era stato nominato amministratore della Parrocchia dal quale era stato allontanato dopo gli arresti domiciliari. Ha riferito che dopo che questo acceso incontrò cessò e il sacerdote se ne era andato, rimase solo in casa perché gli altri sacerdoti che li abitano erano tutti via per un incontro dei sacerdoti del vicariato e che gli era inibito l’uso del telefono. Ha riferito che l’agitazione lo aveva reso bisognoso di prendere gli ansiolitici di cui abitualmente fa uso per la sua sindrome ansioso depressiva, ma che gli aveva finiti.

Pertanto ha ritenuto di non aspettare il pomeriggio dove vi era l’orario nel quale era autorizzato ad uscire e si sarebbe potuto recare dal medico per una prescrizione di farmaci e di essersi subito recato in due farmacie per acquistare il farmaco.

La prima farmacia si è rifiutata di dare il farmaco senza ricetta, mentre la seconda glielo ha dati.

In effetti, successivamente, sempre il 9 febbraio 2006, si è recato dal medico che, come da ricetta, gli ha prescritto il “L.” il cui principio attivo è quello indicato dall’imputato in sede d’interrogatorio, da prendere in dieci gocce alla sera. Ha riferito di non avere pensato ad avvisare i Carabinieri incaricati della sorveglianza benché ne avesse la possibilità.

Preso atto che questi sono i fatti, si deve ribadire il costante orientamento della giurisprudenza che, contrariamente a quanto ritenuto per il caso concreto dalla Difesa, ritiene che la misura degli arresti domiciliari sia una misura nella quale le prescrizioni debbano essere comunque rigidamente osservate.

Infatti la sicurezza che gli arresti domiciliari vuole ottenere è la medesima della custodia cautelare in carcere, solo che, nel caso degli arresti domiciliari, si ritiene non necessario applicare il carcere per il particolare affidamento della persona che viene sottoposta alla misura domiciliare. Ogni tradimento della fiducia deve pertanto, necessariamente, essere penalmente repressa con la pena prevista dall’art. 385 c.p. non potendo altrimenti costituire la misura una seria misura cautelare. Ne deriva che anche il breve allontanamento con pronto ritorno costituisca violazione della misura degli arresti domiciliari che configura il delitto di evasione.

Ritiene la Difesa che in questo caso esista quantomeno il dubbio dell’esistenza dell’esimente dello stato di necessità putativo per il quale si dovrebbe pronunciare assoluzione ai sensi dell’art. 530 comma 3° c.p.p. (ritiene lo scrivente che in realtà l’esistenza putativo di una scriminante elimini il dolo e pertanto incida sulla mancanza dell’elemento soggettivo), ma ritiene lo scrivente di non potere essere d’accordo. Ciò è escluso dalla stessa tipologia di farmaco che don A. dice di avere assunto e cioè il L. che è un calmante molto generico, per di più prescritto successivamente dal medico in una misura che indica solo una necessità di blandissima sedazione serale al fine di consentire un sonno più sereno. Il L., infatti, non è neppure un sonnifero. Attesta inoltre la mancanza di uno stato di agitazione tale da potere essere definito pericoloso, anche solo putativamente come ritenuto dalla Difesa, il fatto che la prima farmacia si è rifiutata di dare il farmaco, come detto dal medesimo imputato. Evidentemente il fatto di agitazione non rendeva al farmacista immediatamente presente che il farmaco servisse veramente. Ritiene pertanto lo scrivente che lo stato di necessità non sussista neppure nella forma putativa dovendo questo stato d’animo in cui consiste la putatività richiamata essere in qualche modo reso visibile dall’esterno e non riscontrabile solo nella sfera intima del soggetto che tale stato putativo invochi.

In ogni caso non vi è motivo per il quale nessun avvertimento dovesse essere dato all’autorità di P.G. incaricata della vigilanza cosa che il medesimo imputato ha riferito che avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto. 

L’imputato è dunque colpevole del reato di evasione dal regime degli arresti domiciliari a lui ascritto.

Per il reato di evasione sono riconoscibili in favore dell’imputato, in considerazione del fatto che egli si è assentato per pochi minuti,  le attenuanti generiche.

Non si ritiene di potere applicare l’attenuante della costituzione di cui all’art. 385 comma 4° c.p. Infatti la giurisprudenza esclude che possa rientrare nell’attenuante il rientro spontaneo in casa che invece è il sistema per evitare che il fatto venga scoperto e dunque represso. In relazione ai criteri di cui all’art. 133 c.p., si ritiene di potere irrogare all’imputato la pena di mesi due e giorni venti di reclusione (p.b. mesi sei di reclusione diminuita per le generiche a mesi quattro, diminuita per il rito fino alla misura indicata).

Ritiene lo scrivente che per la pochezza del gesto, sia controproducente l’irrogazione di una sia pure piccola misura carceraria e pertanto visto l’art. 53 L. 689/81 si converte la pena detentiva in pena pecuniaria che per il ragguaglio minimo contenuto nell’art. 53 L. 689/81 si indica € 3040,00 di multa.

Il fatto è accaduto prima del 6 maggio 2006 e pertanto deve essere applicato l’indulto di cui all’art. 1 L. 241/2006 che determina già in questa sede il condono della pena non risultando la necessità di effettuare il cumulo di cui all’art. 174 comma 2° c.p.

Trattandosi di prima condanna e ritenendo il beneficio utile si dispone la non menzione della presente sentenza di condanna.

Don A. A. è anche condannato a pagare le spese processuali sostenute dall’erario.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati 62 bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.;

dichiara A. A. colpevole del reato di evasione dagli arresti domiciliari a lui ascritto e, applicate le attenuanti generiche, applicata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 53 L. 689/81 converte la pena detentiva in € 3040,00 di multa.

Visto l’art. 175 c.p. ordina la non menzione della presente sentenza di condanna nel certificato penale spedito a richiesta di privati non per ragioni di diritto elettorale.

Visti gli artt. 1 L. 241/2006  e 174 comma 2° c.p. dichiara interamente condonata per indulto la pena irrogata.

Imola, 19 novembre 2008.

Il Giudice