Sentenze

Sentenze

Evasione arresti domiciliari- rito abbreviato- artt. 442, 533, 535 e 692 c.p.p.- condanna a sei mesi e venti giorni di reclusione oltre pagamento spese processuali e il mantenimento in carcere.

29 marzo 2016

Evasione arresti domiciliari- rito abbreviato- artt. 442, 533, 535 e 692 c.p.p.- condanna a sei mesi e venti giorni di reclusione oltre pagamento spese processuali e il mantenimento in carcere.

 

Motivazione

Il sig. N. M. è stato arrestato nella flagranza del reato di evasione e presentato all’udienza per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo.

L’arresto è stato convalidato, senza applicazione di ulteriori misure cautelari e sono stati chiesti i termini a difesa.

All’udienza odierna il sig. N., al quale la misura degli arresti domiciliari è stata ripristinata, è stato tradotto non avendo dato il giudice che amministra quella misura dato autorizzazione affinché egli potesse comparire libero e senza scorta.

Il sig. N., tradotto all’udienza odierna, assistito dal Difensore, ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato.

Il processo è stato subito discusso e deciso come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Dall’esame degli atti allegati al fascicolo del dibattimento (C.N.R., verbale di arresto, nota della banca dati FF.PP. relativa alla sottoposizione agli arresti domiciliari, ordinanza del 29 settembre 2008 del G.I.P. del Tribunale di Bologna che applica la misura in sostituzione della più grave custodia cautelare in carcere, relazione dell’agente di P.G., interrogatori di garanzia dell’imputato)  si desume che l’imputato sottoposto dal 29 settembre 2008 al regime degli arresti domiciliari in M. fraz. B., p.zza D. C. n. ** c/o sig.ra D. C., è evaso il 12 gennaio 2009.

I Carabinieri hanno controllato l’indagato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari perché si è saputo che era solito ad allontanarsi la sera di casa per recarsi ad un bar.

In effetti i Carabinieri lo hanno trovato presso un bar vicino al luogo degli arresti domiciliari intento a bere del vino ed egli non aveva alcun tipo di autorizzazione ad allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliari.

Non vi è pertanto dubbio che il sig. N. abbia violato l’ordinanza che disciplinava i suoi arresti domiciliari, essendosi allontanato dagli arresti domiciliari.

Trattasi evidentemente di evasione volontaria e dunque caratterizzata dal dolo richiesto dall’art. 385 c.p. per l’esistenza del reato.

I fatti indicati sono caratterizzati dalla recidiva e questa stante il numero e la vicinanza dei precedenti è da definire reiterata e infraquinquennale come esattamente contestato in imputazione.

Non sono riconoscibili in favore dell’imputato le attenuanti generiche per i suoi gravosi precedenti. A tale fine non rileva il fatto della confessione essendo tale confessione irrilevante in considerazione del fatto che il sig. N. è stato colto sul fatto e per la considerazione che nessuna giustificazione ha la sua evasione dato che l’imputato si è allontanato dall’abitazione non certo per soddisfare esigenze primarie.

In relazione ai criteri di cui all’art. 133 c.p., e segnatamente per il fatto che l’evasione è stata di breve durata e chiaramente non diretta ad un definitivo allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari, si ritiene che debba applicarsi il minimo della pena e pertanto mesi sei di reclusione.

La recidiva indicata, ai sensi dell’art. 99 comma 4° c.p. comporta un aumento di due terzi secco della pena. È chiaro che l’aumento non è obbligatorio, dato che non rientra nei casi di cui all’art. 99 comma 5° c.p. per i quali ricorre tale necessità. Tuttavia in questa sede si deve grandemente stigmatizzare il fatto che taluno, gravato da così tali e gravi precedenti come l’imputato si permetta di disattendere in modo così puerile e grossolano i provvedimenti restrittivi che legittimamente l’ordinamento ha apprestato nei suoi confronti. L’applicazione dell’aumento della recidiva è particolarmente indicato nel caso di specie dove è proprio la volontà dell’imputato di conformarsi a quanto gli si richiede che viene meno e che si ritiene debba essere oggetto di rigore sanzionatorio. In considerazione di ciò si ritiene di dover applicare l’aumento discrezionale che si è detto. Per tale effetto la pena viene aumentata di mesi quattro di reclusione e pertanto fino alla pena di mesi dieci.

Con l’applicazione della diminuente del rito scelto la pena viene ridotta a mesi sei e giorni venti di reclusione.

I precedenti dell’imputato sono ostativi alla concessione di qualsiasi beneficio, dato anche che la pena disposta nel caso di sospensione condizionale della pena presente nel certificato penale (sentenza G.I.P. Pretura di Torino del 18 gennaio 1994, irrevocabile il 5 febbraio 1994), unita alla pena irrogata oggi eccede la possibilità di seconda concessione di cui all’art. 163 c.p. In effetti però anche il giudizio prognostico di non ricaduta nel reato è sfavorevole e pertanto pure da questo punto di vista la sospensione condizionale non può essere concessa.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere se esistenti.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati 442, 533, 535 e 692 c.p.p.;

dichiara N. M. colpevole del reato a lui ascritto e, dichiaratolo recidivo reiterato ed infraquinquennale, applicato il relativo aumento di pena, applicata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di mesi sei e giorni venti di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e delle spese di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere se esistenti.

Imola, 20 gennaio 2009.

Il Giudice