Sentenze

Sentenze

Evasione arresti domiciliari- danneggiamento vetri di un portone- artt. 81 cpv. c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.- reati in continuazione tra loro- condanna a sei mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

29 marzo 2016

Evasione arresti domiciliari- danneggiamento vetri di un portone- artt. 81 cpv. c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.- reati in continuazione tra loro- condanna a sei mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

 

Motivazione.

Con decreto di citazione diretta emesso dal P.M. il sig. T. R. è stato tratto a giudizio per rispondere del delitto di evasione e danneggiamento aggravato in imputazione indicato.

Il sig. T., detenuto per altra causa, è stato tradotto in udienza e qui ha chiesto, con l’ausilio del difensore che si procedesse con rito abbreviato condizionato all’assunzione di una testimonianza a riguardo del risarcimento del danno del delitto di danneggiamento.

Respinta l’istanza di abbreviato condizionato per difetto di rispondenza della prova richiesta al criterio di economia processuale propria del rito, il sig. T. ha svolto istanza di rito abbreviato semplice.

Ammesso il rito ed acquisito il fascicolo del P.M. il processo è stato subito discusso e deciso come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Dall’esame degli atti allegati al fascicolo del P.M. (C.N.R., annotazione di servizio, relazione di servizio, ordinanza del Tribunale di Bologna sezione distaccata di Imola del 9 maggio 2007, verbale di arresto, verbali di s.i.t. in atti, verbale di interrogatorio di garanzia svoltosi davanti al G.I.P. il 10 luglio 2007) si desume che l’imputato sottoposto al regime degli arresti domiciliari con autorizzazione ad allontanarsi dall’abitazione dalle ore 7 alle ore 19 di ogni giorno feriale, sabato compreso, il 7 luglio 2007 alle ore 20,45 era fuori di casa presso l’abitazione del sig. G. G. dove ha rotto il vetro del portone d’ingresso. Il sig. T. (vedi deposizione sig. G.) era in stato di ebbrezza. Ha riferito il sig. T. di essersi recato alla casa del sig. G. per recuperare una macchina fotografica che sarebbe stata presa dal sig. G., negando di avere rotto il vetro del portone.

Non vi è pertanto dubbio che il sig. T. avendo violato l’ordinanza che disciplinava i suoi arresti domiciliari, essendo stato fuori di casa al di fuori dell’orario consentito e comunque in un posto dove non era autorizzato ad andare, abbia commesso il reato di cui al primo capo d’imputazione.

Per quanto riguarda il danneggiamento il reato è stato certamente commesso dal sig. T. avendo detto il sig. G. visto il sig. T. raccogliere i vetri del portone subito dopo che aveva udito il rumore dei vetri che l’infrangevano. Inoltre subito dopo il sig. G. ha visto il sig. T. palesemente ubriaco ed adirato che diceva frasi senza senso e pure molto adirato l’aveva visto il padre del sig. T., sig. T. P..  L’imputato è dunque responsabile del di danneggiamento.

Il sig. T., per l’irrilevanza ex art. 92 c.p. dello stato di ubriachezza, ha commesso i predetti fatti con il dolo richiesto dalle due norme (artt. 385 e 635 c.p.).

Il danneggiamento è anche aggravato ai sensi dell’art. 635 n. 3 c.p. in relazione all’art. 625 n. 7 c.p. essendo certamente il portone d’ingresso di una palazzina esposta per necessità alla pubblica fede. Questo fatto rende il delitto di danneggiamento procedibile d’ufficio.

In ogni caso è evidente che i due reati sono stati commessi in continuazione tra di loro perché il sig. T. ha commesso evasione per andare a riprendersi una fantomatica macchina fotografica e nel fare ciò ha commesso, per il furore, il delitto di danneggiamento. In relazione alla leggerezza con il quale il sig. T. si è mostrato incapace di rispettare gli arresti domiciliari, è evidente che il delitto più grave è comunque l’evasione dagli arresti domiciliari in modo tale che la dedotta questione del risarcimento del danno è priva di rilevanza, dato che ai sensi dell’art. 81 cpv. la condanna per il reato di risarcimento si traduce comunque in un aumento della pena base.

Non sono riconoscibili in favore dell’imputato le attenuanti generiche per i suoi precedenti e per il fatto che la vicenda che ha dato origine all’evasione è molto simile alla vicenda che lo ha portato ad essere arrestato quando la misura cautelare predetta gli fu irrogata.

Sussisterebbe invece la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale che però non è stata contestata dal P.M.

In relazione ai criteri di cui all’art. 133 c.p., e segnatamente per il fatto che l’evasione non è stata fine a se stessa, ma occasione di altro reato, si ritiene che debba applicarsi anche per la sola evasione una pena superiore al minimo e pertanto di dover irrogare la complessiva pena di mesi nove di reclusione (p.b. mesi sette di reclusione aumentata per la continuazione con il danneggiamento a mesi nove di reclusione).

Con l’applicazione della diminuente del rito scelto la pena viene ridotta a mesi sei di reclusione.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati 81 cpv. c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.;

dichiara T. R. colpevole dei reati a lui ascritti, commessi in continuazione tra di loro e ritenuto più grave il delitto di evasione, applicata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Imola, 15 gennaio 2008.

Il Giudice