Sentenze

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Espulsione e sospensione condizionale della pena- artt 62 bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.- lavoratore irregolare

29 marzo 2016

Espulsione e sospensione condizionale della pena- artt 62 bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.- lavoratore irregolare. 

Motivazione

Il sig. M. I. (il nome è quello rilevato negli atti di P.G., l’interprete ha riferito che il nome riferito dall’imputato è molto complesso ed è praticamente impossibile riportarlo esattamente in italiano ed alfabeto latino vedi trascrizione) veniva tratto in arresto per il delitto in epigrafe riportato.

Convalidato l’arresto senza applicazione di misure cautelari, l’imputato presente chiedeva di definire il procedimento con il rito abbreviato. Ammesso il rito ed acquisito il fascicolo del P.M., il processo veniva subito discusso.

Ritiene la Difesa che l’imputato ha motivi giustificati per non essere andato via dall’Italia nel fatto che doveva aspettare i soldi del pagamento per il lavoro in nero che ha prestato negli ultimi tempi. L’imputato ha anche riferito il nome della persona per la quale lavorava ultimamente come muratore ed ha fornito il numero di telefono con il quale lo contattava.

In proposito si deve osservare che nel caso di specie il motivo in questione non è pertinente. Infatti l’imputato non è correttamente identificato poiché non possiede documenti.

Dunque il presupposto dell’impossibilità di attuare la traduzione alla frontiera manu militari dipende dal fatto dell’imputato. Infatti in questo caso accade che l’imputato è identificabile solo dal punto di vista fotodattiloscopico nel senso che è individuabile con certezza come persona in base si dati antropometrici che si ricavano dal controllo delle fotosegnaletiche e delle impronte digitali per cui si è certi di attribuire il fatto ad una data persona. Nulla si sa però sull’identità della persona nel senso del nome a questi dato e della vera nazionalità perché questa persona è priva di documenti, con comportamento che ai sensi dell’art. 6 D.Lv. 286/98 è sanzionato penalmente. Pertanto in questi casi la difficoltà posta in essere dal comportamento dell’imputato che è privo di documentazione assume un rilievo nel senso che può essere impossibile mandare questa persona presso lo stato di provenienza proprio perché è impossibile individuarlo. Dunque in questi casi l’imputato non può dolersi del fatto che il suo comportamento contra jus di non portare documenti lo ha portato ad dovere abbandonare il territorio nazionale con i suoi mezzi e che pertanto per carenza di mezzi non sia in grado di allontanarsi perché la necessità per lo stato di irrogargli un ordine di allontanamento anziché accompagnarlo coattivamente alla frontiera è a lui riferibile.

Il caso che qui ci occupa è emblematico: l’odierno imputato è privo di documenti e non è pertanto identificabile con a certezza dovuta che permetta un immediata espulsione con accompagnamento alla frontiera. È necessario pertanto disporne il ricovero in un centro di prima accoglienza per procedere all’identificazione, ma, come si legge nell’ordine del Questore, ciò non è stato possibile, poiché non sono stati trovati posti disponibili nel centro di prima accoglienza. L’imputato dunque, per la sua carenza di documenti si è messo da solo nelle condizioni di provvedere da solo al rimpatrio e non può pertanto dolersi della mancanza di denaro. È appena il caso di notare che la storia da lui raccontata che la Polizia quando arrivò a Lampedusa gli sottrasse l’unico atto ufficiale in suo possesso, l’atto di nascita, gettandolo via, è totalmente priva di riscontro.

Per il resto, la permanenza in Italia appare del tutto volontaria e dunque sussiste il dolo richiesto dalla norma penale incriminatrice, volontarietà che appare anche dalla dichiarazione di avere aspettato perché il datore di lavoro in nero lo deve ancora pagare.

Il sig. M. I. deve pertanto essere dichiarato colpevole per il delitto a lui ascritto.

Allo stesso sono riconoscibili le attenuanti generiche per la sua incensuratezza.

Esaminati i criteri di cui all’art. 133 c.p. si ritiene di dovere irrogare all’imputato la pena di mesi nove di reclusione (pena base anni uno di reclusione diminuita fino alla misura indicata di mesi nove di reclusione).

In considerazione della diminuente del rito la pena in concreto irrogata ammonta a mesi sei di reclusione.

In considerazione della volontà manifestata in udienza di volere tornare in Tunisia e per il fatto che dopo questo processo il sig. M. dovrà essere per forza espulso mediante accompagnamento coattivo alla frontiera (art. 14 comma 5  ter D. Lv. 286/98 ultimo periodo) si ritiene che lo stesso si asterrà dal commettere ulteriori reati e pertanto si dispone la sospensione condizionale della pena per il periodo di anni cinque prescritto al termine del quale, se non vi sarà recidiva, il reato sarà estinto. Il nulla osta all’espulsione è già stato rilasciato nel provvedimento di convalida dell’arresto.

Consegue anche la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dall’erario.

P. Q. M.

Visti gli artt. 62  bis c.p., 442, 533 e 535 c.p.p.,

dichiara M. I. colpevole del delitto a lui ascritto e, riconosciute in suo favore le attenuanti generiche e applicata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 163 c.p. ordina la sospensione condizionale della pena per la durata di anni cinque.

Imola, 6 aprile 2006.

Il Giudice