Sentenze

Sentenze

Contraffazione o uso pubblici sigilli e falso in scrittura privata- artt.442, 533 e 535 c.p.p.- condanna reclusione un anno, multa e al pagamento delle spese processuali- art 530 c.p.p.il fatto non sussiste.

29 marzo 2016

Contraffazione o uso pubblici sigilli e falso in scrittura privata- artt.442, 533 e 535 c.p.p.- condanna reclusione un anno, multa e al pagamento delle spese processuali- art 530 c.p.p.il fatto non sussiste.

 

Motivazione

Con decreto di citazione diretta del P.M. dell’11 luglio 2005, il sig. R. D. è stato mandato a giudizio per i delitti di contraffazione o uso di pubblici sigilli  e falso in scrittura privata in rubrica indicati.

Si è proceduto nella dichiarata contumacia del sig. R..

Il Difensore, munito di procura speciale, ha chiesto che si procedesse con rito abbreviato.

Ammesso il rito e acquisito il fascicolo del P.M., il processo veniva rinviato per la sola discussione. All’udienza di discussione veniva rilevata incompatibilità del Difensore delegato ex art. 102 c.p.p. dal Difensore nominato e veniva pertanto concesso termine per ovviare al problema. Infatti il Difensore delegato è risultato essere il Difensore del sig. H. E. O. che ha subito danno dai reati oggetto del processo.

La Difesa ovviava al problema per l’udienza odierna per la quale è stato delegato Difensore perfettamente compatibile.

Il processo è stato quindi discusso e deciso come da presente sentenza con motivazione contestuale.

Dall’esame degli atti allegati al fascicolo del P.M. (C.N.R., esito di indagini delegate al Nucleo Carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro di Bologna, querela presentata da F. G., lettera dell’avv. C., verbale di S.I.T. rese da E. O. E. H., richiesta nominativa di nulla osta al lavoro per stranieri non UE sulla quale è stato apposto il timbro contraffatto e sulla quale vi è la sottoscrizione riferita a F. G. e allegati documenti quali dichiarazione sostitutiva di documentazione, contratto di soggiorno, dichiarazione di reddito sulle quali vi è sempre la sottoscrizione riferita al sig. G. F., verbale di S.I.T. rese da F. G., successivo verbale di S.I.T. rese da F. G.) si desume che il sig. F. G. è stato incaricato di essere legale rappresentante della M. S.r.l. Tale incarico gli fu proposto dal sig. R. D., odierno imputato, che riferisce il sig. F. è il presidente della società, mentre il sig. F. “N.” è il vice presidente. La società alla data del 26 giugno 2003 data alla quale il sig. F. rende le prime S.I.T. era in fase di trasferimento come sede in I., via P. P. **/a in locali nella disponibilità del sig. R.. La società M. conduce alcuni appezzamenti agricoli avvalendosi per lo più di lavoratori stagionali extracomunitari. Il sig. F. in questo suo verbale di S.I.T. ha riconosciuto di avere sottoscritto tutti gli atti che gli furono sottoposti dal sig. R. il quale, ha riferito il sig. F., non può neppure emettere assegni essendo stato dichiarato fallito, cosa per altro non corrispondente alle risultanze del certificato penale. Dal verbale di S.I.T. in questione appare evidente che le sottoscrizioni apparentemente poste dal F. nella documentazione allegata alla querela appartengono indubbiamente al sig. F. stesso. Tale affermazione è pure confermata nel verbale di S.I.T. rese dal sig. F. il 29 luglio 2003 dove viene espressamente detto che l’unica cosa falsa di quelle dichiarazioni è il timbro della Direzione Provinciale del Lavoro di Bologna. In queste seconde S.I.T. il sig. F. afferma che la disponibilità ad assumere il sig. E. O. K. dove questo timbro falso è stato apposto era probabilmente vera perché la M. S.r.l. effettivamente aveva bisogno di personale.

Tuttavia, come appare dal verbale di S.I.T. del sig. E- O. E. O. rese il 3 giugno 2003, emerge che un tale sig. D. si disse disponibile a fare assumere il figlio E. O. K. e a tale fine chiese e pretese la somma di € 1500,00. Pagata tale somma dopo qualche giorno il sig. D. si presentò con la documentazione tacciata originariamente di falsità da parte del sig. F. nella sua querela e che in seguito ad accertamenti dell’avv. C. svolti presso la Direzione Provinciale di Bologna risultò non essere mai stata presentata e presentante per di più l’impronta falsa.

Il sig. F. ha fatto in modo che la M. S.r.l. risarcisse il danno subito dal sig. E. O. pagando la somma di € 2000,00.

Gli accertamenti dei Carabinieri del Nucleo presso l’Ispettorato del Lavoro hanno confermato le indagini dell’avv. C.: il numero **** apposto come numero di protocollo è stato apposto in realtà su pratica diversa da quella riguardante il sig. E. O. e il timbro apposto è difforme da quello in uso nella realtà alla Direzione Provinciale del Lavoro di Bologna.

Occorre pertanto dire che il timbro è senz’altro contraffatto e pertanto configura il reato di cui all’art. 468 c.p. riguardante il sigillo o comunque strumento destinato a pubblica autenticazione diverso dal sigillo di stato. Infatti si tratta di timbro apparentemente riferibile alla predetta Direzione Provinciale e destinato, con l’attribuzione del fittizio numero di protocollo in esso inserito a permettere l’apparenza di un’avvenuta autenticazione della richiesta nominativa mai in realtà presentata.

Per quanto riguarda invece le scritture private di cui si assume la falsità esse non sono false dal punto di vista materiale, ma lo sono solo dal punto di vista ideologico. Infatti il F. alla fine ha riconosciuto tutte le sottoscrizioni e ha riferito che effettivamente tutte le scritture relative alla pratica E. O. gli furono fatte sottoscrivere dal R. D.. È evidente che il sig. R. D. che di fatto aveva in mano, secondo le altre indicazioni date dal F. nel primo verbale di S.I.T., tutta la gestione del personale della M. S.r.l. ha approfittato di tale fatto per fare sottoscrivere delle scritture che genuine dal punto di vista materiale perché effettivamente sottoscritte dal sig. F., ma ideologicamente false perché l’intenzione reale del sig. R. non corrispondeva  all’intenzione che appariva dalle stesse. È evidente che il sig. R. ha utilizzato tali scritture, genuine dal punto di vista materiale, ma false dal punto di vista ideologico, quali artifizi e raggiri del reato di truffa nei confronti del sig. E. O..

In proposito, si deve osservare che le indicazioni date dal sig. F. e quelle concorrenti date dal sig. E. O. eliminano ogni dubbio sul fatto che il sig. R. sia l’autore del fatto avendo il primo detto che quelle scritture gli furono sottoposte dal R. che ovviamente bene conosce e avendo detto il secondo che a ricevere la somma di € 1500,00 e a dare in cambio i documenti che facevano falsamente apparire l’invio della pratica alla Direzione Provinciale del Lavoro è stato tale sig. D.. Le indicazioni così ricevute portano pertanto a ritenere certo ai sensi dell’art. 192 comma 2° c.p.p. che l’autore del fatto sia l’odierno imputato.

Preso atto di ciò, si deve dire che il sig. R. deve essere mandato assolto per il reato di falso in scrittura privata. Infatti il contestato art. 485 c.p. punisce solo il falso materiale e non il falso ideologico. Il falso ideologico in generale non è punibile quando riguarda una scrittura privata (cfr. per esempio Cass. Pen. sez. 3 del 30 giugno 1994 n 8484, Cass. Pen. sez. 5 del 31 maggio 1990 n. 12331 e Cass. Pen. sez. 5 del 16 novembre 1988 n. 2303). È evidente come tutte le scritture in oggetto siano scritture private e non atti a rilevanza pubblica. L’unico atto a possibile rilevanza pubblicistica per il quale sarebbe possibile una condanna in caso di falsità è la dichiarazione sostitutiva delle esigenze occupazionali. Ma per queste il sig. F. ha effettivamente indicato che la M. S.r.l. aveva effettivamente esigenze occupazionali. Non è dato sapere se queste fossero state soddisfatte in altro modo e pertanto non appare possibile (senza neppure considerare eventuali problemi di corrispondenza di quanto accertato a quanto contestato rilevanti ai sensi dell’at. 521 c.p.p.) arrivare ad una condanna per questo. Dal punto di vista di quanto accertato nel corso del dibattimento si deve dire che anche le affermazioni fatte nel corpo di queste dichiarazioni sono vere, quanto meno ai sensi dell’art. 530 comma 2° c.p.p.

Ne consegue l’assoluzione per il delitto di cui al capo b) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato per tutte le scritture private e perché il fatto non sussiste ai sensi dell’art. 530 comma 2° c.p.p. per la dichiarazione sostitutiva.

Per quanto riguarda invece il delitto di cui al capo A) accertata la materiale falsità del timbro si deve dare atto come il comportamento del sig. R. sia assolutamente volontario e dunque integrativo del dolo generico richiesto dalla norma come elemento soggettivo del reato.

Il sig. R. deve pertanto essere ritenuto colpevole del reato di cui al capo A) dell’imputazione.

Al sig. R. non sono applicabili attenuanti: in primo luogo risulta che il risarcimento del danno è venuto dal sig. F. (cfr. querela) e non è riferibile al sig. R.. Dunque nessun comportamento positivamente valutabile ex art. 62 n. 6 c.p. è riscontrabile nel sig. R.. Invece per quanto riguarda le attenuanti generiche si rileva che il sig. R. ha persino un procedente specifico di falso (vedi sentenza di questo ufficio, allora Pretore, del 17 luglio 1996). Dunque le richieste attenuanti generiche non sono concedibili.

Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio si ritiene di non potere applicare, tenuto conto dei criteri di cui all’art. 133 c.p. del minimo della pena. Il fatto è stato infatti commesso per lucrare sulle esigenze lavorative e di riunione familiare di persone che per la loro estraneità all’ambiente sono soggetti particolarmente deboli. Tutti tali fatti possono essere tenuti in conto ai sensi dell’art. 133 comma 1 n. 1 c.p. Si deve anche rilevare un grande intensità del dolo (n. 3 del comma 1°) evidenziato dalla notevole attività che si è dovuta porre in essere per predisporre il timbro falso e per il discredito che la vicenda può ingenerare nell’istituzione colpita e cioè la Direzione Provinciale del Lavoro (valutabile ai sensi dell’art. 133 comma 1° n. 3  c.p.). In conseguenza di ciò la pena congrua appare essere quella di anni uno e mesi sei di reclusione ed € 450,00 di multa.

Applicata la diminuente del rito, la pena in concreto da irrogare al sig. R. ammonta ad anni uno di reclusione ed € 300,00 di multa.

Si ritiene di non potere concedere in favore del sig. R. la sospensione condizionale della pena. Infatti egli è già censurato e il fatto che sia ricaduto in un reato di falso, come già sopra evidenziato, evidenzia una prognosi sfavorevole circa la non ricaduta del sig. R. nel reato e dunque risulta impossibile concedere ai sensi dell’art. 163 c.p. la sospensione condizionale della pena.

Si ritiene tuttavia che la pena detentiva non sia quella maggiormente rispondente alle esigenze di rieducazione del reo. Dunque si ritiene di dovere disporre la conversione della pena detentiva nella pena sostituiva che per il combinato disposto degli art. 53 e 58 L 689/81 si ritiene di dovere individuare nella pena della libertà controllata. Infatti non è possibile applicare la pena pecuniaria perché la pena da sostituire eccede il limite per il quale tale pena può sostituirla e si ritiene di non dovere applicare la pena della semidetenzione perché è incongrua ai fini di rieducazione del reo.

In riferimento al ragguaglio previsto dall’art. 57 L. 689/81 la misura della libertà controllata viene individuata in anni due.

Alla dichiarazione di colpevolezza segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Visti gli artt. rubricati, 442, 533 e 535  c.p.p.;

dichiara R. D. colpevole del reato a lui ascritto sub a) e, applicata la diminuente del rito, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione ed € 300,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 53 L. 689/81 dispone la conversione della pena detentiva nella pena sostitutiva della libertà controllata per la durata di anni due.

Visto l’art. 530 c.p.p. assolve R. D. dai reati a lui ascritti sub b) dell’imputazione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato per quanto riguarda le scritture private trattandosi di falsi ideologici e perché il fatto non sussiste per quanto riguarda la dichiarazione sostitutiva.

Imola, 7 giugno 2006.

Il Giudice.