Sentenze

Sentenze

Condanna al pagamento del compenso di amministratore-diversi iter di nomina-domanda attore respinta- condanna il medesimo al pagamento delle spese di causa sostenute dal convenuto.

29 marzo 2016

Condanna al pagamento del compenso di amministratore-diversi iter di nomina-domanda attore respinta- condanna il medesimo al pagamento delle spese di causa sostenute dal convenuto.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dottor Sandro Pecorella ha pronunziato la seguente

SENTENZA       

nella causa iscritta al n. 20311/2003 di R.G. degli affari contenziosi civili, posta in decisione all’udienza del 19 settembre 2005 in seguito alla precisazione delle conclusione e alla concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, pro­mossa da G. T.,  rappresentato e difeso, come da procura speciale rilasciata a margine dell’atto di citazione, dagli avv. L. M., G. V. ed A. M. ed elettivamente domiciliato presso lo studio  del primo in Bologna, via G. n. 15.

Attore

contro 

Società per azioni per l’Allestimento e la Gestione di Impianti e Servizi (S. S.p.A.) in persona di F. B., Presidente pro tempore,  rappresentato e difeso per mandato in margine alla comparsa di costituzione di nuovo Difensore del 14 ottobre 2004 dagli avv. M. C. e B. B. ed elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda in Imola, via C. 92.

Convenuto

avente per oggetto: condanna al pagamento del compenso di amministratore.

Conclusioni per gli attori (foglio allegato al verbale di udienza del 19 settembre 2005):

Ogni contraria istanza disattesa e reietta, piaccia all’Ill.mo Tribunale Civile di Bologna, sezione distaccata di Imola,

in via principale

accertare e dichiarare che il dr. G. T. ha svolto le funzioni di Amministratore Unico della S. S.p.A. dal 16 febbraio 2001 al 15 giugno 2001 e, per l’effetto,

condannare la S. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a corrispondere al dr. G. T., a titolo di compenso per l’attività svolta la complessiva somma di 62.746,50 euro, comprensiva di capitale IVA e contributo integrativo Cassa dottori commercialisti, oltre agli interessi di mora al tasso legale, dalla data del 15 giugno 2001, sino al giorno dell’effettivo pagamento;

in via subordinata  

e per la denegata ipotesi in cui non risulti applicabile il tariffario utilizzato dal dr. G. T. ai fini della quantificazione del compenso dovuto alla S. S.p.A., piaccia all’Ill.mo Tribunale civile di Bologna, sezione distaccata di Imola, dichiarare tenuta e conseguentemente condannare la Società convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a corrispondere al dr. G. T., a titolo di compenso per l’attività svolta, la somma che lo stesso Tribunale provvederà a liquidare in via equitativa tenuto conto della complessità e durata dell’incarico, sulla base delle tariffe professionali che risulteranno applicabili al caso  de quo; in ogni caso con condanna della S. S.p.A. al pagamento degli interessi di mora al tasso legale, dalla data del 22 giugno 2001 sino al giorno dell’effettivo pagamento.

In via istruttoria

Si insiste affinché, previa opportuna declaratoria  e, quindi, anche in via di revoca dell’ordinanza riservata 14 – 16 giugno 2005, venga ammessa la prova per testi già formulata in citazione (viene ripetuta integralmente nel foglio di precisazione delle conclusioni sopra indicato).

Conclusioni per la convenuta (foglio allegato al verbale di udienza del 19 settembre 2005):

Ogni contraria istanza ed eccezione reietta, con sentenza esecutiva ex lege, vorrà il Tribunale respingere le domande tutte proposte dal dott. T. nei confronti di S. S.p.A.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 25 luglio 2003 ai sensi dell’art. 145 c.p.c., il dott. G. T. conveniva in giudizio la S. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire pronunciare accertamento del fatto di essere stato amministratore unico della medesima S. S.p.A. dal 16 febbraio 2001 al 15 giugno 2001 e consequenziale condanna al pagamento del compenso dovuto all’amministratore per l’attività prestata, quantificando tale compenso in base alle tabelle della professione esercitata dall’attore e cioè quella di Dottore Commercialista, applicate in via analogica e quindi facendo riferimento al costo di un dirigente Confindustria. Chiedeva pertanto il pagamento per tale titolo di € 62.746,50 già comprensiva di IVA e contributo previdenziale per la Cassa dei dottori commercialisti.

Riferiva di essere stato nominato con decreto del Ministro dell’Industria del 22 dicembre 2000 Commissario Straordinario dell’Automobile Club di Bologna  per un periodo non superiore a sei mesi. Ciò si era reso necessario per l’annullamento disposto dal TAR per l’Emilia Romagna con sentenza 788 del 21 settembre 2000, delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Sindaci revisori dei conti dell’A.C. Bologna poiché le delibere che riguardavano le operazioni elettorali erano state prese dal precedente Commissario straordinario dell’ente dopo che il suo mandato era scaduto e dunque erano state emesse in condizioni d’incompetenze e carenza di potere. In considerazione di tale sua carica, il dott. T. si era anche dovuto occupare delle problematiche concernenti la S. S.p.A. che gestisce l’autodromo di Imola e della quale l’A.C. di Bologna detiene il 99, 97 % delle azioni. In particolare ha dovuto affrontare l’organizzazione del Gran Premio di Formula 1 programmato il 15 aprile 2001. Infatti ai sensi dell’art. 11 dello statuto della S., gli amministratori devono essere nominati e revocati dal consiglio direttivo dell’A.C. Bologna e l’Amministratore Unico o comunque la maggioranza degli amministratori devono fare parte del suddetto organo. Simile è la condizione dei sindaci della S. che devono essere nominati dai Sindaci dell’A.C. Bologna e devono almeno parzialmente coincidere. Riferisce il dott. T. che ritenne come anche gli amministratori della S. e i rispettivi sindaci fossero decaduti per effetto della sentenza del TAR e pertanto con delibera 8 febbraio 2001 disponeva la revoca sia degli amministratori che dei sindaci della S..

Con delibera assembleare del 16 febbraio 2001 l’Assemblea ordinaria della S. S.p.A. dava atto della revoca degli amministratori e dei sindaci e in ogni caso l’illegittimità della nomina degli stessi effettuata dall’assemblea dei soci della S. del 1 agosto 2000, poi confermate nelle successive riunioni del 21 e 28 settembre 2000. Infatti secondo questo deliberato assembleare del 16 febbraio 2001, l’assemblea del 1 agosto 2000 era illegittima poiché si era riunita prima delle date stabilite dall’allora amministratore unico di S. del 21 e 28 settembre 2000, rispettivamente per la prima e la seconda convocazione e non poteva essere considerata totalitaria, ai sensi dell’art. 2366 comma 2° c.c., perché la riunione si era svolta in assenza dell’amministratore e dei sindaci e senza che le persona intervenute effettuassero il deposito dei certificati azionari onde comprovare la rispettiva legittimazione a partecipare. Dunque, a parere dell’attore, l’assemblea non era validamente costituita e dunque ogni delibera in quella sede approvata doveva ritenersi radicalmente nulla. La nullità non poteva neppure ritenersi sanata alla seduta del 21 settembre 2001 (svolta alla data indicata nella convocazione del precedente amministratore unico in prima convocazione), poiché data invece la presenza dei Sindaci e dell’Amministratore precedenti era stata omessa il preventivo deposito nei cinque giorni anteriori alla riunione, i titoli idonei a comprovare la loro legittimazione. Dunque alla data già indicata del 16 febbraio 2001, l’assemblea convocata a richiesta del Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna, considerato che l’art. 11 dello Statuto S. prevede che la maggior parte degli amministratori e in ogni caso l’amministratore unico deve coincidere con gli amministratori dell’A.C. Bologna così come in sindaci devono essere nominati in maggior parte tra i sindaci del medesimo A.C. Bologna dispose la revoca degli amministratori e dei sindaci illegittimamente (secondo quell’assemblea) nominati e in loro vece nominò amministratore unico il dott. T. Commissario straordinario dell’A.C. Bologna oltre che i sindaci e il relativo presidente del collegio sindacale.

In tale veste, riferisce l’attore svolse le molteplici attività compiutamente descritte in citazione ed oggetto di prova documentale e della prova testimoniale la cui richiesta è stata reiterata anche da ultimo in sede di precisazione delle conclusioni.

Il mandato del commissario straordinario per l’A.C. Bologna conferito all’attore è scaduto il 22 giugno 2002 e non venne rinnovato malgrado il medesimo dott. T. ne fece richiesta.

Alla scadenza del mandato il dott. T. chiese la liquidazione delle proprie spettanze mediante invio di nota pro forma indicante l’importo già sopra indicata meglio dettagliata nella nota stessa (è tra i documenti prodotti).

Riferisce l’attore che la S. diede riscontro a tale nota solo diverso tempo dopo e in seguito a reiterati solleciti. Il Presidente pro tempore S. gli fece inviare un parere del collegio sindacale che sostanzialmente e sinteticamente, da un lato evidenziava come non vi fosse nessuna delibera di organo sociale e segnatamente dell’Assemblea dei Soci che stabilisse quale era il compenso e dunque riteneva che in difetto di questa delibera non sarebbe stato possibile pagare alcunché al dott. T.. Dunque sarebbe stata necessaria una determinazione giudiziale del compenso. Vi era anche un accenno al fatto che nel caso  de quo  vi era un precedente dove era stata affermata la manifesta gratuità dell’incarico in relazione alle medesime funzioni svolte dall’ing. O., precedente amministratore unico di S., nominato in circostanze simili dove appunto il mandato di amministratore unico era stata esercitato a titolo gratuito.

L’attore, considerato che il presidente pro tempore di S. aveva fatto proprio questo parere, si è rivolto al Tribunale instaurando la presente causa.

Con comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata si costituiva la S. S.p.A. contestando le pretese contenute nell’atto di citazione notificato dall’attore.

Evidenziava come l’A.C. Bologna controlli oltre il 99 % delle azioni S. detenendone 479.896 su 480.000. Dunque il dott. T. aveva quale commissario straordinario la possibilità di nominare amministratore della S. chiunque. Invece nominò se stesso.

In proposito di questo fatto la convenuta riteneva che la delibera di nomina fosse stata fatta in conflitto d’interessi. Evidenziava ancora come né in quella assemblea, né in altre fu mai deliberato alcun compenso per l’attività del T.. Evidenziava la sussistenza del precedente dell’ing. O. che avendo svolto la funzione di amministratore unico in circostanze analoghe lo aveva svolto a titolo gratuito. Evidenziava inoltre come nel medesimo periodo di esercizio delle attività del dott. T. questi nominò due procuratori che avevano deleghe talmente ampie da sostituire in tutto e per tutto l’Amministratore Unico. Questi procuratori l’ing. F. e il sig. G., furono per questa opera lautamente compensati e tali nomine permisero al dott. T., secondo la convenuta, di continuare a svolgere l’attività di dottore commercialista che è la sua professione a tempo pieno

Contestava nel merito i parametri di riferimento sulla base dei quali il dott. T. ha compilato la nota pro forma sulla quale ha dettagliato la richiesta di compenso e proponeva come termine di paragone, richiedendo una valutazione secondo l’equità del Giudice, nel denegato caso che il Giudice stesso ritenesse che al T. fosse dovuto un compenso per l’attività di amministratore, il fatto che il Presidente del Consiglio di Amministrazione in carica al momento della predisposizione della comparsa aveva pattuito un compenso annuale di € 26.000,00 in riferimento al periodo di esercizio dell’attività di amministratore riteneva che la retribuzione del dott. T. non potesse eccedere la somma di € 7123,28 lordi.

In ogni caso concludeva in principalità per il rigetto delle domande attrici e solo subordinatamente richiedeva la valutazione del compenso secondo equità.

In sede d’udienza 183 c.p.c. si costituiva nuovo procuratore, espressione del nuovo consiglio di amministrazione nel frattempo entrato in carica.

Veniva richiesto termine per memoria di precisazione e modifica delle conclusioni già prese e in questa sede la convenuta smorzava in modo evidente i termini concilianti con la quale il precedente legale rappresentante della S. aveva impostato la difesa e puntava tutto sul rigetto della domanda.  A tal fine esponeva la sussistenza di ulteriori fatti che di seguito si riassumono. Il 4 luglio 2000 si insediava il nuovo consiglio direttivo dell’A.C. Bologna che il 20 luglio 2000 designava il nuovo consiglio di amministrazione della S. e il relativo collegio sindacale. Il 1 agosto 2000 l’assemblea S. ratificava la nomina in conformità allo statuto e tali nomine venivano pure ratificate nelle successive assemblee del 21 e 28 settembre 2000. Il 20 settembre 2000 il precedente collegio sindacale della S. esponeva al P.M. contestazione della nomina degli amministratori e dei sindaci adottate nell’assemblea del 1 agosto e chiedeva che il P.M. adottasse i provvedimenti di cui all’art. 2409 c.c. Il 19 ottobre 2000 il P.M. rigettava la richiesta e disponeva archiviazione.

Il 22 dicembre 2000, il Ministero dell’Industria considerata la sentenza del TAR Emilia Romagna già indicata dall’Attore scioglieva il Consiglio Direttivo e il Collegio Sindacale dell’A.C. Bologna e nominava il dott. T. con il compito di assumere la gestione, consentire il ripristino delle condizioni di corretto funzionamento dell’ente fino alla ricostruzione degli organi di amministrazione e controllo ordinari. Il 9 gennaio 2001 il precedente Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna chiese al Tribunale di Bologna di dichiarare l’inesistenza o la nullità o l’annullamento delle delibere assembleari di nomina del Consiglio di Amministrazione della S. e del Collegio sindacale previa sospensione cautelare delle stesse. Il 23 gennaio 2001, prima che il Tribunale si pronunciasse (l’udienza si era tenuta il 15 gennaio 2001 e il Tribunale si era riservato di provvedere) convocò l’assemblea della S. inserendo all’ordine del giorno la decisione sull’estromissione degli apparenti amministratori e sindaci  e provvedere alla nomina di nuovi amministratori e sindaci. L’8 febbraio 2001 il dott. T. con provvedimento di valenza pubblicistica adottato in sede amministrativa, ritenendo la sussistenza di rilevanti interessi pubblici in proposito revocò gli amministratori e i sindaci nominati nell’agosto – settembre 2001. Il 16 febbraio si teneva l’assemblea della S. che nominava amministratore unico il dott. T..

Il 19 febbraio 2001 il Tribunale sciolse la riserva e rigettò il ricorso dell’ing. O..

Il 7 febbraio 2001 il Conservatore dei Registri delle Imprese rifiutò l’iscrizione della nomina ad Amministratore Unico del dott. T. perché effettuato da assemblea irregolarmente convocata. La decisione del Conservatore è stata reclamata dal dott. T..

Il 27 febbraio 2001, venne tentata un’altra strada: il dott. T. nella veste di Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna chiese mediante lettera al Presidente della S., ritenuto illegittimamente nominato nell’agosto settembre 2000, di convocare assemblea per provvedere alla revoca degli amministratori e dei sindaci.Il Presidente nominato nell’agosto settembre 2000 non diede corso alla richiesta e rispose che la richiesta implicava il riconoscimento della sua veste.

Il 10 marzo 2001 il dott. T., con provvedimento amministrativo emesso nella veste di Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna, si autonominò Amministratore Unico si S. e revocava anche i Sindaci. Il provvedimento venne impugnato al TAR del Lazio.

Il 4 aprile 2001 il Tribunale di Bologna respinse il reclamo del dott. T. contro il provvedimento del Conservatore del registro delle imprese.

In data 26 aprile 2001 con ordinanze 2916 e 2917 depositate il 3 maggio 2001 il TAR del Lazio ordinò la reintegrazione dei ricorrenti nelle funzioni di amministratori e sindaci della S.. Le ordinanze del TAR del Lazio vennero impugnate dal dott. T. al Consiglio di Stato che respinse l’impugnativa con ordinanza 2928 del 22 maggio 2001. Il Tribunale di Bologna nell’ordinanza 4519 del 30 maggio 2001 diede atto che con le ordinanze del 26 aprile 2001 del TAR del Lazio vennero reintegrati nelle loro funzioni tutti gli organi prima revocati. Infine, il 21 giugno 2001, il Ministro dell’Industria rigettò la richiesta di proroga della nomina a Commissario Straordinario dell’A.C. di Bologna del dott. T. e nominò altro Commissario Straordinario. 

Sulla base di questi fatti, oltre a ribadire il fatto che tutte le nomine a se stesso del dott. T. erano state fatte in conflitto d’interessi, ritiene la nuova dirigenza della S. che mai il dott. T. sia stato amministratore legittimo della S. stessa e dunque, per ciò stesso, non gli spetta nessun compenso per l’attività dallo stesso di fatto prestata. Ribadiva in ogni caso tutte le perplessità manifestate in ordine alla ampiezza delle attività effettivamente svolte in ordine alla nomina dei procuratori con ampia delega.

Nel corso della successiva concessione di termini di cui all’art. 184 c.p.c. la S. integrava la produzione documentale già offerta con la sentenza del TAR dell’Emilia Romagna dell’8 luglio 2004 depositata il 1 marzo 2005 con la quale era stato respinto il ricorso svolto dal dott. T. per ottenere il pagamento di compensi per l’attività di Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna.

Le parti non comparivano per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione.

Il processo veniva istruito con le sole prove documentali ritenendo il giudice che la decisione circa la legittimità delle funzioni di amministratore unico della S. fosse decisiva per la causa.

Naturalmente, nel caso la decisione sul punto fosse favorevole alla tesi attrice, si pronuncerà separata ordinanza con la quale verrà disposta l’istruzione della causa per capire in cosa è concretamente consistito l’impegno del dott. T..

Precisate le conclusioni, la causa è stata trattenuta in decisione e sono state depositate tempestivamente da tutte e due le parti le comparse conclusionali e le memorie di replica.

Motivi della decisione

Ritiene lo scrivente che si debba partire dall’esposizione di alcuni punti di diritto che si deve ritenere pacificamente applicabili ai problemi sottoposti all’attenzione. Come poi si vedrà, quando si confronteranno questi punti di diritto con i fatti accaduti nel presente procedimento, questi rimarranno sullo sfondo e di fatto non si potrà farne concreta attuazione per carenze di fatto inerente all’avveramento dei presupposti della applicazione del medesimi punti di diritto.

Come si desume dagli artt. 2364 n. 3 e 2389 c.c., l’onerosità è elemento naturale del rapporto tra società ed amministratore: mancando la determinazione del compenso da parte dell’atto costitutivo o dell’assemblea, gli amministratori possono chiedere tale determinazione al giudice. La liquidazione dei compensi andrà fatta in base ai criteri fissati dall’art. 1709 c.c. in tema di mandato e non in base a quelli fissati dall’art. 2233 c.c. che, attenendo alla prestazione d’opera intellettuale non sono applicabili alla prestazione di attività amministrativa, la quale ha carattere tecnico pratico.

In riferimento ai fatti di causa le considerazioni sopra esposte che ritiene lo scrivente siano assistite da precedenti giurisprudenziali assolutamente pacifici (vedi Cass. civ. ad esempio 2895/91 per l’onerosità del rapporto tra amministratori e società), ciò comporta che la mancanza di indicazioni nel verbale di nomina non comporta la gratuità dell’incarico così come era stato in precedenza per l’incarico assunto in similari condizioni dall’ing. Orlando, ma, al contrario, la sua onerosità. Il fatto che l’assemblea non abbia indicato il compenso non implica in assoluto l’impossibilità di attribuire un compenso al dott. T. poiché è chiaro che l’assemblea può in ogni momento stabilire il compenso da riconoscere al dott. T. e può riunirsi anche successivamente alla nomina per esaminare questa problematica anche dopo che la decadenza dello stesso. In caso di mancata determinazione del compenso da parte dell’assemblea, considerato che nulla dice sul punto l’atto costitutivo, all’amministratore non resta che rivolgersi al giudice che determinerà il compenso ai sensi dell’art. 1709 c.c.

Il riferimento a questo articolo che regola il mandato implica invece che non è possibile applicare tout court le tariffe relative alle professioni intellettuali di cui all’art. 2233 c.c. Infatti pare assolutamente evidente che, per restare al caso concreto, l’effettuazione dell’attività di amministratore della S. non corrisponde allo svolgimento dell’attività di dottore commercialista. Dunque le tariffe in questione possono costituire un termine di paragone che sarà particolarmente pregnante dove le attività svolte coincidano di fatto con quelle tipiche dell’attività professionale per le quali sono espresse. In ogni caso, in mancanza di tariffe professionali o usi direttamente applicabili sarà necessario ricorrere ad una valutazione secondo equità da parte del giudice (la giurisprudenza è assolutamente certa che il giudice deve decidere secondo equità). Il giudice nel fare questa valutazione deve tenere conto dei risultati concretamente raggiunti (cfr. Cass. civ. 352/70).

Sostanzialmente da questa esposizione si ricava una condivisione quasi totale del parere del collegio sindacale che, fatto proprio dal legale rappresentante S. dell’epoca, fu la prima risposta della S. stessa alle pretese oggi azionate in giudizio dal dott. T.. Non si condivide solamente l’accenno in esso contenuto alla gratuità dell’incarico.

Ciò premesso si deve arrivare al merito della questione e chiedersi se il dott. T. abbia diritto al compenso come amministratore e per fare ciò si deve domandare se è stato mai realmente amministratore di diritto della S. S.p.A. Infatti pare allo scrivente che vi sia una esatta corrispondenza tra l’esercizio in modo legale della funzione e il diritto al compenso sulla base delle norme di legge che sono state invocate e che sono essenzialmente quelle sopra indicate. È bene precisare che non vi sono richieste basate su altri istituti come ad esempio quello di cui all’art. 2041 c.c. e dunque tali profili non devono essere esaminati.

Premesso quanto sopra, si deve esaminare se sulla base degli atti il dott. T. sia mai diventato amministratore della società.

Il dott. T. sarebbe diventato amministratore sulla base di due diversi iter procedimentali. Il primo sulla base delle ordinarie regole civilistiche che regolano la nomina degli organi di governo e di controllo della società. Il secondo iter procedimentali si è basato sui poteri pubblicistici spettanti al Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna che pure il dott. T. rivestiva.

Per quanto riguarda la prima vicenda bisogna prendere le mosse dalla legittimità della assemblea del 16 febbraio 2001 che nominò il dott. T. amministratore unico. È certo che a convocare questa assemblea fu l’ing. A. O. che era l’amministratore unico in carica prima che le assemblee del 1 agosto e del 21 e 28 settembre 2001 lo sostituissero. Vero è che l’O. agì sul presupposto dell’illegittimità di quelle assemblee e delle nomine in esse assunte, ma è anche evidente che lo stesso non ha poteri per agire in autotutela essendo tali casi espressamente previsti dalla legge.

In effetti l’ing. O. fu il ricorrente che ricorse ai sensi dell’art. 2378 c.c. avverso quelle assemblee. Tale causa, devoluta ex art. 50 bis n. 5 c.p.c. al Tribunale in composizione collegiale, ha visto l’ing. O. soccombente nel giudizio relativo alla sospensiva di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 2378 c.c. (vedi ordinanza del Tribunale di Bologna depositata il 20 febbraio 2001 doc. 14 di parte attrice).

Dato atto che questo è l’unico provvedimento che, dal punto di vista civilistico, riguarda le assemblee e le relative deliberazioni impugnate, si deve dire che i deliberati presi a quelle assemblee hanno avuto efficacia e pertanto hanno innovato in ordine ai membri degli organi di governo della società.

Infatti data la mancata sospensiva, ciò vuole dire che l’efficacia di quei deliberati non è stata in alcun modo interrotta e solo la decisione finale del Tribunale avrebbe potuto eliminare, questa volta in via definitiva, l’efficacia di quei deliberati.

Sulla base della documentazione in atti non vi è nessuna decisione del Tribunale che abbia disposto ciò.

Si deve anche dire che prima di questo provvedimento del Tribunale il P.M. aveva rigettato l’istanza di adottare i provvedimenti che sono di sua competenza ai sensi dell’art. 2409 c.c. (vedi sopra nello svolgimento del processo per i riferimenti temporali).

Dunque, quando il 23 gennaio 2001 l’ing. O. indisse l’assemblea per la revoca del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale nominato dalle assemblee dell’agosto settembre 2001 e la contestuale nomina di T., lo fece senza che avesse alcun potere in proposito stante il chiaro disposto degli art. 2366 e 2367 c.c.

Dunque l’assemblea del 16 febbraio 2001 non aveva nessuna legittimità e ciò è tanto vero che il Conservatore del registro delle Imprese rigettò l’iscrizione del dott. T. e dei Sindaci nominati il 16 febbraio 2001. Il provvedimento del Conservatore è stato confermato dal Tribunale di Bologna IV sezione del 4 aprile 2001 (doc. 21 di parte convenuta).

Passando all’iter procedimentale nel quale il dott. T. ha utilizzato dei suoi poteri pubblicistici, si deve dire che questi sono da un lato il decreto dell’8 febbraio 2001 con il quale il dott. T. nella veste di commissario straordinario dell’A.C. Bologna ha revocato il consiglio di amministrazione della S. e i sindaci della stessa nominati nel settembre agosto del 2000 e dall’altro lato il decreto del 10 marzo 2001 con il quale, tra l’altro, si nominava amministratore unico della S..

Questo ultimo decreto è stato sospeso dal TAR del Lazio con ordinanze del 26 aprile 2001. Le predette ordinanze sospensive sono state confermate anche dal Consiglio di Stato.

Dunque l’efficacia del decreto è stata sospesa.

Si deve esaminare il problema se nel periodo intercorrente tra il 10 marzo 2001 e il 26 aprile 2001 questa efficacia si è avuta e dunque se sia vero che il dott. T. sia stato amministratore della S..

Ma ritiene lo scrivente, confortato in questo anche dalla lettura delle ordinanze del TAR che questo non sia accaduto. Infatti il potere di revoca e di nomina degli amministratori che spetta all’A.C. di Bologna non spetta agli organi straordinari come è il Commissario Straordinario, ma come chiaramente espresso nell’art. 11 dello Statuto della S., solo ad un organo ordinario come è il consiglio direttivo dell’A.C. Bologna.

Del resto sarebbe impossibile dare corso anche alla seconda parte della clausola indicata e cioè che l’Amministratore Unico o la maggioranza del Consiglio di Amministrazione debba essere eletto tra i membri del Consiglio Direttivo dell’A.C. di Bologna. Per ritenere ciò  anche nel caso di nomina da parte del Commissario Straordinario si deve prima ritenere che questo organo straordinario e il Consiglio Direttivo siano organi equivalenti, ma così non è visto che il compito del dott. T. come Commissario Straordinario era assai limitato e cioè (cfr. decreto del Ministro dell’Industria del 22 dicembre 2000) aveva solo compito di assicurare la gestione e di consentire il ripristino delle condizioni di corretto funzionamento dell’Ente fino alla ricostituzione degli ordinari organi di amministrazione e di controllo e tutto ciò entro il limitato periodo di sei mesi.

Tale quadro interpretativo è ben presente anche nel Tribunale di Bologna che con decreto del 5 giugno 2001, pur esprimendo in termini problematici il problema della legittimazione del Commissario Straordinario dell’A.C. Bologna in base all’art. 20 dello Statuto S. che prevede analoghi poteri come l’art. 11 per gli amministratori nei confronti però dei Sindaci in capo al Consiglio Direttivo dell’A.C. Bologna, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell’art. 2400 comma 2° c.c. dal medesimo dott. T. per l’approvazione della delibera di revoca del Collegio dei Sindaci perché ha ritenuto inapplicabile tale norma in una società come la S. a totale partecipazione pubblica i cui atti sono soggetti al sindacato del giudice amministrativo ed in ogni caso ha osservato che i provvedimenti cautelari del TAR e del Consiglio di Stato rendevano ulteriormente inammissibile il ricorso poiché l’effetto della delibera è comunque paralizzato dalle dette ordinanze dei giudici amministrativi.

Dunque da nessun punto di vista il dott. T. è stato legittimo amministratore unico di S. e dunque non ha diritto a compenso dato il rapporto di sinallagmaticità esistente tra il legittimo esercizio del potere e il diritto al compenso.

Si può discutere sul fatto se il decreto del Commissario Straordinario dell’8 febbraio 2001 abbia fatto venire meno la qualità di amministratori e di sindaci in capo alle persone nominate tali nelle assemblee dell’agosto settembre 2000, ma anche se si desse risposta positiva alla domanda, tale fatto non contribuirebbe a fare del dott. T. il legittimo amministratore della S. poiché gli atti in base ai quali ha ritenuto di trarre legittimità non hanno validità o non sono efficaci.

Per finire, ritiene lo scrivente che benché il tema non sia stato sfiorato neppure da parte attrice, il compenso non sia dovuto neppure in base all’art 2126 c.c. Infatti questa norma è stata applicata anche a casi di lavoratori autonomi con riferimento però ai casi di parasubordinazione di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c. Il caso dell’amministratore di società potrebbe rientrare tra questi, ma in proposito si rileva che non siamo di fronte ad un contratto nullo od annullabile, ma ad un rapporto di lavoro mai venuto in essere proprio perché il soggetto che ha contrattato per la S. in realtà non vi era affatto legittimato. Dunque in realtà nessun rapporto di lavoro parasubordinato è sorto, ammesso che la figura dell’Amministratore di Società possa essere fatta rientrare in questa figura della quale oggettivamente non presenta i relativi requisiti relativi alla prestazione di opera continuativa e coordinata di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c.

Non resta che respingere le domande svolte dal dott. T..

In considerazione del fatto che si ritiene non sia mai sorta in capo al dott. T. la qualità di legittimo amministratore non si deve esaminare il profilo di annullabilità degli atti di nomina a se stesso dovuti all’invocato conflitto d’interesse.

In base all’art. 91 c.p.c. il dott. T., soccombente, deve essere condannato al pagamento delle spese di causa liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dott. Sandro Pecorella, definitivamente pronunciando nella causa (n.r. 20311/2003) tra

G. T.,  (avv. L. M., G. V. ed A. M.)

contro

S. S.p.A. (avv. M. C. e B. B.);

avente per oggetto: condanna al pagamento del compenso di amministratore.

ogni diversa istanza disattesa e respinta

respinge le domande svolte da G. T. nei confronti di S. S.p.A.;

condanna G. T. a pagare le spese di causa sostenute da S.. S.p.A. che liquida in complessivi € 10272,37 di cui € 170,00 per spese, € 2902,37 per competenze ed € 7200,00 per onorari, oltre 12,5 % per spese generali ex art. 14 T.P. civile ed oltre IVA e CPA come per legge.

Sentenza esecutiva per legge.

Imola, 7 febbraio 2006.

Il giudice