Sentenze

Sentenze

Azione di riduzione del prezzo e relativa condanna alla restituzione di somma di denaro e risarcimento del danno, in subordine risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio- immobile.

29 marzo 2016

Azione di riduzione del prezzo e relativa condanna alla restituzione di somma di denaro e risarcimento del danno, in subordine risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio- immobile.

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

  

 

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dottor Sandro Pecorella ha pronunziato la seguente

 SENTENZA

 nella causa iscritta al n. 20198/2002 di R.G. degli affari contenziosi civili, posta in decisione, per la seconda volta, all’udienza 5 novembre 2007 in seguito alla precisazione delle conclusione, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, promossa dai sigg.ri P. M. e L. A.,  rappresentati e difesi per mandato in calce all’atto di citazione dall’avv. Mario P. del foro di B. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in B., via M. 4.

Attori.

contro 

T. S.r.l. in persona del legale rappresentante sig. A. A., nonché sig. A. A. personalmente, rappresentato e difeso per forza della procura rilasciata a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore e per mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta nell’interesse del convenuto sig. A. A. dagli avv.ti S. Di B. del foro di F. e G. F. del foro di B. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in I. (BO), via E. 187.

Convenuti.

contro

sig. C. A. rappresentato e difeso per mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall’avv. L. G. del foro di Bologna ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in I., via C. 82.

Convenuto.

avente per oggetto: domanda di riduzione del prezzo e relativa condanna alla restituzione di somma di denaro e risarcimento del danno, in subordine risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio.

 Conclusioni per gli attori:

(memoria di precisazione della domanda ex art. 183 comma 5° c.p.c. ):

voglia l’ill.mo Tribunale adito, in persona del dott. C. (N.d.A. all’epoca era il G.I. del processo), in via principale e nel merito: in virtù del preliminare di compravendita sottoscritto in data 4 novembre 2000 e del contratto definitivo di compravendita aventi ad oggetto l’immobile oggetto della presente controversia: condannare la T. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore e, solidalmente con essa, i sigg.ri A. e C., tenuti alla restituzione di tutte le somme incassate per il completamento dei lavori relativi all’immobile di via G.B. B. n. 58, I., così come sopra identificato, per la somma complessiva di £. 54.000.000 (pari a €uro 27.888,67), nonché della somma di £. 10.000.000 (€uro 5164,57) versata a titolo di caparra e mai resa, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

Condannare in solido i convenuti a risarcire i danni patiti e patiendi dagli attori, per l’effetto del mancato trasferimento del bene compromesso nello stato pattuito ex art. 1490, 1494 e 1495 c.c.

In via subordinata, in virtù della difformità esistente tra il bene compravenduto e quello consegnato e della mancata effettuazione delle opere di cui al contratto d’appalto esistente tra T. S.r.l. e ditta A..

 Condannare in solido i convenuti al risarcimento dei danni patiti e patiendi dagli attori per la somma complessiva di € 33.053,24.

 In linea di ulteriore subordine, dichiarare risolto per grave inadempimento della T. S.r.l., il rapporto contrattuale del 20 dicembre 2000 ai sensi degli artt. 1175, 1176, 1218, 1375 c.c., o comunque in considerazione della violazione degli artt. 1490 e segg. c.c.

Condannare in solido i convenuti al rimborso di tutte le spese e dei pagamenti effettate, in occasione della vendita, dagli attori;

Far prestare ai convenuti idonea garanzia stante il fumus boni juris ed il periculum in mora rilevabili dalla sottocapitalizzazione della T. S.r.l.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Conclusioni per i convenuti T. S.r.l. e A. A. (come da comparsa di costituzione e risposta confermata nella comparsa di costituzione di nuovo procuratore): contrariis reiectis,

voglia l’Ill.mo Tribunale adito,

nel merito: respingere le domande attoree tutte in quanto prive di fondamento giuridico e fattuale per i motivi tutti di cui alla narrativa del presente atto.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.

Conclusioni per il convenuto C. A.

(foglio di precisazione delle conclusioni allegato al verbale di udienza del 5 novembre 2007):

Piaccia all’Ill.mo sig. Giudice, ogni contraria istanza reietta,

 

    1.pregiudizialmente e preliminarmente: 

dichiarare la nullità ex artt. 163 n 3 e 164 comma 3° c.p.c. dell’atto di citazione per assoluta incertezza degli addebiti e del quid disputandum nei confronti del C. A.; estromettere dal processo il convenuto A. C., per sua carenza di legittimazione passiva; respingere le domande avverse per decadenza e prescrizione ex art. 1495 c.c.;

    2.    nel merito: 

respingere ogni domanda proposta dagli attori nei confronti del convenuto C. A., per la loro infondatezza in fatto e in diritto; condannare gli attori al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria nei confronti del C..

    3.    Con vittoria di spese competenze ed onorari.

Svolgimento del processo.

Con atto di citazione notificato il 2 maggio 2002 alla T. S.r.l. e al sig. C. personalmente e il 6 maggio 2002 al sig. A., i sigg.ri P. M. e L. A., chiedevano la restituzione di somme pagate anticipatamente per l’effettuazione di lavori di adeguamento da loro richiesti nell’appartamento situato in M. (RA) via G. B. n. 58 comprato con atto pubblico del 20 dicembre 2000 previa stipula di contratto preliminare del 4 novembre 2000 tra il sig. L. e il sig. A., socio di maggioranza della T. S.r.l. anche se non legale rappresentante. Chiedevano altresì il risarcimento del danno e in subordine la risoluzione del contratto essendo l’immobile venduto radicalmente diverso da quello promesso.

Riferivano che all’epoca stavano cercando un appartamento per destinarlo ad abitazione e trovarono quello per cui è processo tramite agenzia immobiliare Adriatica di I. e trovarono l’immobile indicato di proprietà della T. S.r.l. che era in fase di ristrutturazione. L’immobile è a loro piaciuto e convenirono tramite l’agenzia l’acquisto con il predetto contratto preliminare con il quale concordavano però alla T. l’effettuazione di lavori per adeguare l’immobile alle loro esigenze. Il contratto preliminare veniva effettuato non con il legale rappresentate della società che all’epoca era il sig. C., ma con il sig. A. che era il socio di netta maggioranza della T. e che era titolare di un’impresa edilizia e che materialmente avrebbe effettuato i lavori. Riferivano che decisiva per la loro scelta era la possibilità di utilizzare come mansarda il sottotetto afferente all’appartamento. Fu concordato che al momento del rogito la somma di £. 10.000.000 sarebbe stata pagata solo in seguito a completamento dei lavori.

Il 20 dicembre 2000, nonostante che nel frattempo era stata scoperta l’esistenza di un ipoteca che però il sig. C., all’epoca legale rappresentante della T. riferì sarebbe stata cancellata dopo il rogito, si procedette al trasferimento della proprietà dell’immobile e in quella sede la somma quantificata per i lavori è stata scalata dal definitivo e corrisposta con tre assegni al sig. A. che, come già detto avrebbe dovuto fare i lavori per conto dei compratori. Ciò venne fatto su richiesta del sig. C. che chiese anche di scalare questa somma da quella che risultava pagata per il trasferimento della proprietà nel rogito di acquisto. Invece i lavori promessi non sono mai stati effettuati e sono anche insorti nuovi difetti per lavori effettuati sotto l’appartamento dal sig. A. sempre per conto della T. nell’appartamento all’epoca ancora di proprietà della convenuta posto sotto quello di proprietà degli attori. Inoltre è stato riferito che la caparra confirmatoria a suo tempo consegnata non è mai stata scalata dal prezzo di acquisto e che il sottotetto afferente all’appartamento, convenuto come mansarda nel preliminare è risultato essere sottotetto non abitabile, senza possibilità di renderlo abitabile. Infine veniva riferito che l’appartamento non aveva mai ricevuto la licenza d’abitabilità In subordine pertanto veniva chiesta la risoluzione del contratto.

Si costituiva tempestivamente la T. S.r.l. e il sig. A. personalmente con unica comparsa di costituzione (eventuali problemi di rappresentanza della prima sono poi stati sanati, ex art. 182 c.p.c. in seguito a richiesta del precedente G.I. con la comparsa di costituzione di nuovo procuratore). Negava che i lavori concordati non fossero stati effettuati e sostanzialmente veniva richiesto il rigetto delle domande tutte degli attori, cosa che è stata costantemente ribadita.

Si costituiva pure tempestivamente il sig. C., chiedeva dichiararsi nulla la citazione nei suoi confronti perché non chiari gli addebiti a suo carico. Rilevava che non poteva essere ritenuto responsabile personalmente in quanto amministratore comunque di società a responsabilità limitata e chiedeva comunque il rigetto nel merito delle domande attrici.

Esperiti gli interrogatori liberi, il processo veniva istruito con prove per interrogatorio formale e testimoniali oltre che con prove documentali. Veniva inoltre esperita C.T.U.

All’udienza del 5 novembre 2007 venivano precisate le conclusioni e disposto lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica. Il processo viene ora deciso dopo che tutte le parti hanno depositato comparse conclusionali e memorie di replica.

 Motivi della decisione.

Gli attori nel corso dell’interrogatorio libero del 21 marzo 2003 hanno chiarito la loro posizione: essi concordavano e parlavano con la T. S.r.l. della quale ritenevano interlocutori, indifferentemente il sig. C. e il sig. A..

Da questo punto di vista non rileva il fatto che dei soldi siano stati dati direttamente al sig. A.. Ciò è indubbiamente avvenuto per richiesta della T. e per accordo tra la T. all’epoca rappresentata da C. e A.. Per gli attori ciò ha comportato solo una diversità del soggetto a quale pagavano parte del prezzo dell’immobile senza che ciò comportasse l’insorgere di rapporti contrattuali tra attori e A..

Ne deriva che conformemente ai documenti rilevanti per il processo e cioè il preliminare di vendita e la compravendita effettiva del 20 dicembre 2000, le obbligazioni intercorrono direttamente tra la T. S.r.l. e gli attori.

Pertanto, non residuano in alcun modo obbligazioni a carico dei sigg.ri C. e A. personalmente, che pertanto devono essere dichiarati carenti di legittimazione passiva.

Infatti l’art. 2392 c.c., più volte richiamato nel corso degli scritti difensivi riguarda la responsabilità degli amministratori verso la società e non riguarda i rapporti con i creditori che sono invece informati al principio della responsabilità limitata al patrimonio della società insita nel fatto che si è contrattato con società a responsabilità limitata.

Questo per quello che riguarda il sig. C. personalmente.

Per quello che riguarda la posizione del sig. A. invece egli all’epoca dei fatti pure essendo il socio che aveva la maggioranza delle quote sociali, egli non era neppure amministratore e, come si vedrà, le determinazioni da lui prese in ordine alla compravendita per la quale è processo ( di cui si dirà tra poco), sono diventate vincolanti per la T. solo in quanto ratificate dal legale rappresentante dell’epoca sig. C..

Questo vuole dire da un lato che egli ne avrebbe risposto personalmente sotto il profilo del risarcimento del danno nel caso la T. S.r.l. non avesse ratificato il suo operato e dall’altro lato che una volta che ciò è accaduto non può più essere chiamato a rispondere avendo la T. S.r.l. assunto in proprio le obbligazioni promesse da quello che in un primo momento non era che un falsus procurator (vedi art. 1399 c.c.).

Si rileva inoltre che, sulla base delle dichiarazioni degli attori circa le modalità della trattativa prima viste, si rileva che il sig. A. non si è obbligato che verso la società a svolgere i lavori, mentre era la società obbligata verso i compratori.

È infatti emerso chiaramente che la T. S.r.l. si avvaleva normalmente per l’effettuazione dei lavori della ditta individuale del sig. A. tanto che al momento del rogito parte della somma concordata nel contratto preliminare fu corrisposta direttamente al sig. A. nella consapevolezza e su richiesta di ciò da parte del sig. C. all’epoca legale rappresentante.

Preso atto di ciò occorre dire, come già anticipato, che il contratto preliminare non fu stipulato dal sig. C. quale legale rappresentante della T. S.r.l., ma dal sig. A. all’epoca solo socio della società. Tuttavia non vi sono problemi circa la carenza di legittimazione attiva ad impegnare la società da parte del sig. A. all’epoca perché il problema è stato superato con il fatto che, conformemente agli accordi presi, il sig. C., quale legale rappresentante, ha stipulato il definitivo.

Preso atto di ciò, occorre dire che non vi è contraddizione tra il preliminare ed il definitivo perché le clausole del definitivo che come è logico hanno la preminente funzione di trasferire la proprietà e non innovano rispetto agli accordi presi con il preliminare.

Quanto ai lavori indubbiamente promessi nel contratto preliminare dalla T. dagli atti di causa si rileva che benché sia chiaramente emerso che il sig. C. si lamentasse con il sig. A. che egli si comportasse di fatto come amministratore promettendo cose a sua insaputa e che non era pienamente a conoscenza del contenuto di quel particolare preliminare, in concreto ha riconosciuto la sua attività.

Ne deriva che la ratifica dell’operato del sig. A. da parte del legale rappresentate della T. è totale e riguarda anche l’eventuale effettuazione di lavori da svolgere successivamente alla vendita.

Tuttavia, contrariamente a quanto indicato dagli attori, che la T. dovesse fare ulteriori lavori oltre il momento del rogito è assolutamente dubbio. Infatti quello che si ricava dal preliminare è che la T. doveva costruire quattro velux nella mansarda, doveva concorrere al 50 % nella spesa di acquisito del caminetto e montarlo a sue spese, eliminare a proprie spese il rivestimento dell’angolo cottura e, se possibile, farsi carico di avvicinare il bidet al water.

Preso atto di ciò si rileva che le lamentele dei sigg.ri L. e P. non riguardano l’effettuazione di questi lavori supplementari previsti nel preliminare al di fuori di quelli che già erano previsti in capitolato di ristrutturazione, ma riguardano la corretta esecuzione di alcuni di questi oltre alcuni danni che si sono manifestati dopo che già l’appartamento era stato venduto per lavori fatti all’appartamento sottostante, quando quest’ultimo era ancora di proprietà di T. S.r.l. Per questo, la lettera del sig. C. al sig. A. (doc. 12 di parte attrice) importa riconoscimento della responsabilità della T. S.r.l. della causa del danno, costituendo vera e propria confessione stragiudiziale diretta anche alla controparte.

È bene precisare che si tratta di lettera del 19 giugno 2001 e cioè a circa sei mesi dal rogito.

Ma emerge anche che per arrivare a questa lettera il percorso non è stato breve. Infatti si rileva che già in data 14 giugno 2001 gli odierni attori hanno fatto effettuare sopralluogo all’ing. P. da loro incaricato e a questo sopralluogo hanno partecipato sia il sig. C., che il sig. A. nonché l’ing. F. che seguiva per contro di T. il progresso della ristrutturazione. In questa sede la maggior parte dei difetti poi accertati anche dalla C.T.U. sono stati accertati e altri ne sono seguiti fino alla formale costituzione in mora redatta per scritto dell’odierno difensore degli attori.

Il problema della presente causa a riguardo della T. è solo quello del rispetto del termine di otto giorni di cui all’art. 1495 c.c.

In effetti vi sono elementi per dire che questo termine è stato contrattualmente ampliato tra le parti perché fin dalla stipula del preliminare era previsto che gli acquirenti trattenessero una somma di £. 10.000.000 per la durata di un anno. È evidente che si è voluto costituire una garanzia affinché una volta venduta la casa, i vizi che potevano emergere abitandoci fossero eliminati dalla stessa venditrice. Ma se è così, è inevitabile che il medesimo termine annuale è anche quello che le parti hanno stabilito affinché tali vizi venissero scoperti e denunciati.

Si ricorda che la durata del termine può essere modificata dalle parti e che l’unico limite, ex art. 2965 c.c. è che il nuovo termine d decadenza stabilito tra le parti non renda eccessivamente difficile al compratore l’esercizio dell’azione per vizi della cosa venduta.

In ogni modo anche solo per arrivare all’accesso del 14 giugno 2001 è necessario pensare, in base a quello che si definisce nei testi giuridici l’id quod plerumque accidit, espressione latina che indica il modo in cui di solito vanno le cose, che prima di arrivare a tanto siano seguiti contatti informali dove questi vizi venivano portati a conoscenza del legale rappresentante della T. e considerato che la denuncia dei vizi non deve essere fatta in modo formale si ritiene che anche sotto questo aspetto gli attori abbiano dimostrato che la denuncia dei vizi sia stata tempestiva anche nel caso che non si volesse ritenere che l’anno indicato nel contratto preliminare sia sostitutivo del termine di otto giorni indicato nel’art. 1495 c.c.

Preso atto di ciò si deve dire che i vizi sono stati tempestivamente contestati e che i successivi atti quali l’accesso del 14 giugno, la lettera dell’avv. P. e anche altre missive in atti provenienti dagli attori abbiano interrotto più volte il corso della prescrizione in modo tale che la citazione notificata nelle date sopra riportate è da considerare tempestiva rispetto al termine annuale di prescrizione.

Preso atto di ciò i vizi segnalati sono quelli (quelli relativi alla mansarda si diranno dopo) sono quelli indicati dalla C.T.U. e alla quale si rimanda non ritenendo necessario riportarli in sentenza dato che si tratta di considerazioni molto tecniche. Questi vizi, a parte quelli di cui ai lavori effettuati nell’appartamento sottostante dopo la vendita dell’appartamento per cui è processo, costituiscono tutti vizi della cosa venduta che diminuiscono il valore dell’appartamento come segnalato dal C.T.U. a pag. 15 della relazione da lui depositata.

Il C.T.U. dichiara con argomentazione che non è stata contestata e che lo scrivente ritiene pertanto ineccepibile che la diminuzione di valore sia corrispondente al costo delle opere analiticamente indicata e pertanto il valore dell’immobile è diminuito di € 28.349,10 come indicato dal C.T.U.

Si precisa che tale somma costituisce anche il risarcimento del danno che pure è stato chiesto dagli attori (vedi conclusioni sopra riportate) e pertanto questa somma deve essere riconosciuta anche a titolo di risarcimento del danno per i lavori effettuati sotto l’appartamento venduto in epoca successiva alla vendita. Infatti questo fatto non costituisce più vizio della cosa venduta ma danneggiamento colposo e pertanto fonte di responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 c.c., dato che l’azione degli esponenti della T. ha causato danno nei confronti della proprietà degli odierni attori al di fuori di ogni rapporto contrattuale esistente, per cui gli autori del danno e cioè la T. deve risarcire il danno subito per i lavori a lei riferibili ai sensi della norma in esame.

Brevissimamente si esamina la questione della mansarda e della mancanza di certificazione di abitabilità.

Il C.T.U. ha chiarito che la c.d. mansarda è in realtà un sottotetto non abitabile (vedi i calcoli sul peso che può reggere e le considerazioni sugli strumenti urbanistici vigenti in quel comune) che mai, anche in seguito a lavori di qualsivoglia tipo potrà conseguire l’abitabilità essendo la conseguibilità della stessa contraria agli strumenti urbanistici.

Dunque anche se è vero che l’abitabilità per l’appartamento nel suo complesso esiste in base alla procedura del silenzio assenso menzionata dagli scritti difensivi dei convenuti, essa riguarda un appartamento che ha comunque una porzione di sottotetto non abitabile e tale superficie è rilevante rispetto alla superficie del resto dell’appartamento.

Siccome è evidente che la considerazione della mansarda come abitabile è stata decisiva per determinare all’acquisto gli attori, la mancanza di abitabilità della mansarda rectius sottotetto, evidenzia che l’immobile venduto mancherebbe delle qualità promesse in modo tale da legittimare la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio.

Tuttavia questa domanda non deve essere accolta avendola gli attori subordinata al mancato accoglimento della domanda di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno che invece sono state integralmente accolte nei confronti della T. S.r.l.

Per quanto riguarda la caparra, il problema si risolve a parere dello scrivente, in un problema di mancata fatturazione che potrà avere un rilievo fiscale, ma non determina problemi di prezzo non risultando in modo certo che gli attori abbiano pagato più di quanto pattuito.

Il valore della somma da restituire sia a titolo di restituzione di parte della somma pattuita che di risarcimento del danno è stata quantificata al momento del deposito della C.T.U. (2 maggio 2007). Da quel momento decorrono su questa somma gli interessi nella misura legale fino al saldo effettivo.

La T. S.r.l. è condannata a pagare le spese processuali in favore degli attori come da dispositivo, oltre le spese di C.T.U. liquidate.

In considerazione dell’intuitus pesonae determinato dalle persone fisiche sig. C. e sig. A. nei rapporti con gli attori, si ritiene di dovere compensare le loro spese di causa con quelle degli attori.

 Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dott. Sandro Pecorella, definitivamente pronunciando nella causa (n.r. 20198/2002) tra

  P. M. e L. A.   (avv. M. P.);

 contro 

T.S.r.l. e A.A.  (avv.ti S. Di B. e G. F.) 

contro

C.A. (avv. L. G.)

avente per oggetto: domanda di riduzione del prezzo e relativa condanna alla restituzione di somma di denaro e risarcimento del danno, in subordine risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio.

ogni diversa istanza disattesa e respinta

dichiara che i vizi dell’immobile venduto diminuiscono il valore del medesimo e pertanto accoglie la domanda di riduzione del prezzo e risarcimento del danno condannando T. S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore a pagare in favore di P. M. e L. A. la somma di € 28.349,10 oltre interessi nella misura legale pro tempore vigente dal 2 maggio 2007, data di deposito della C.T.U. fino al saldo effettivo;

dichiara il difetto di legittimazione passiva di C. A. e A. A. in proprio;

condanna T. S.r.l. a pagare in favore di P. M. e L. A. le spese di causa da costoro sostenute che liquida in complessivi € 13148,30 di cui € 382,30 per spese, € 4266,00 per competenze ed € 8500,00 per onorari, oltre spese di C.T.U. , oltre 12,5 % per spese generali ed oltre IVA e CPA come per legge.

Sentenza esecutiva per legge.

Imola, 14 febbraio 2008.

Il Giudice