Sentenze

Sentenze

Azione di reintegrazione del possesso- compossesso casa coniugale e di numerosi beni mobili- condanna il convenuto a reintegrare il possesso, i vestiti e altri oggetti- condanna anche a risarcire il danno subito per lo spossessamento e le spese di ca

29 marzo 2016

Azione di reintegrazione del possesso- compossesso casa coniugale e di numerosi beni mobili- condanna il convenuto a reintegrare il possesso, i vestiti e altri oggetti- condanna anche a risarcire il danno subito per lo spossessamento e le spese di causa.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dottor Sandro Pecorella ha pronunziato la seguente

SENTENZA       

nella causa iscritta al n. 231/2004 di R.G. degli affari contenziosi civili, posta in decisione all’udienza del 15 gennaio 2007 in seguito alla precisazione delle conclusione e alla concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, promossa da M. R., rappresentata e difesa per mandato in margine della comparsa di costituzione in giudizio di nuovo procuratore dall’avv. M. T. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in I., via C. 78.

Attrice

contro 

S. G. M. rappresentato e difeso come da mandato in margine all’atto di costituzione di nuovo Difensore dagli avv. A. P. e B. R. elettivamente domiciliato in I. presso lo studio della prima, via M. n. 9.

Convenuto

avente per oggetto: reintegrazione del possesso.

Conclusioni per l’attrice (foglio allegato al verbale di udienza del 15 gennaio 2007):

Voglia il Tribunale civile di Bologna, sezione distaccata di Imola, contrariis reiectis, in via definitiva e di merito:

dichiarare legittima e fondata l’azione spiegata e, conseguentemente:

1)               condannare il resistente G. M. S. a risarcire a R. M. una somma pari o superiore a € 100.000,00 (centomila) quale controvalore dei beni non restituiti come forfetariamente risultato dall’espletata istruttoria;

2)               condannare il resistente alla rifusione delle spese di lite, con clausola di attribuzione.

Conclusioni per il convenuto (come da comparsa di costituzione e risposta):

Piaccia all’Ill.mo Signor Giudice adito dell’Ecc.mo Tribunale di B. – sezione distaccata di I., respingere in toto in quanto infondate in fatto e diritto le domande ex adverso proposte e, conseguentemente, condannare la dott.ssa R. M. al pagamento delle spese, competenze ed onorari di causa ex art. 91 c.p.c., nonché al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. da liquidarsi d’ufficio.

Svolgimento del processo

Con ricorso ex artt. 669 bis e 703 c.p.c. depositato in Cancelleria il 25 novembre 2005, la sig.ra M. R. chiedeva nei confronti del marito, sig. S. G. M., la reintegra nel compossesso della casa coniugale e di numerosi beni mobili, sostanzialmente consistenti in capi di vestiario, di cui riferiva essere stata spogliata dal sig. S. G. M..

Riferiva di essersi allontanata dalla casa coniugale ai primi di agosto del 2003 quando si era recata nella casa paterna sita in I., via V. C. **/c. per assistere il padre, novantenne, in fin di vita per la vecchiaia e gravi patologie. In effetti il genitore decedeva il 14 agosto 2003 e la sig.ra M. riferiva di essersi trattenuta ulteriormente nella casa paterna per rimanere qualche tempo con la madre, della quale è l’unica figlia, al fine di assisterla e confortarla. Nel frattempo – riferiva la sig.ra M. – il sig. S., accampando infedeltà al rapporto coniugale da parte dell’esponente, poneva in essere, oltre ad altre condotte descritte nel ricorso, lo spossessamento della casa coniugale, dei vestiti e di altri oggetti in essa contenuti (bene descritti in ricorso ed allegati), privandola con un sotterfugio delle chiavi di casa. Seguivano richieste di restituzione in pristino che, a dire della sig.ra M., non venivano eseguite neppure per quanto riguarda il vestiario, siccome gli venivano recapitati oggetti e vestiario vecchi e di fatto non più utilizzati mandati tramite ditta di traslochi in alcuni bauli vecchi a fatiscenti. Da tutto ciò discendeva la richiesta di reintegrazione nel possesso di tutto con richiesta di risarcimento del danno in forma generica da liquidarsi in separata sede.

Il Giudice provvedeva con decreto inaudita altera parte e la ricorrente tentava l’esecuzione di questo decreto. In questa sede, verificato anche il rifiuto del figlio a che la madre tornasse in casa, la sig.ra M. rinunciava ad immettersi in possesso della casa coniugale e rinunciava esplicitamente a coltivare questa domanda anche nel prosieguo.

Nel frattempo il sig. S. si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta nella quale descriveva con dovizia di particolari le asserite condotte scandalose e fedifraghe della moglie sig.ra M.. Riferiva che la sig.ra M. in relazione a queste condotte si era allontanata spontaneamente di casa, portando via anche preziosi e oggetti di proprietà dalla casa e dalla cassaforte. Riferiva che tutto quello che era in casa era stato portato via da lei quando se ne era andata e che il resto era stato mandato tramite la ditta di traslochi con i bauli menzionati in ricorso.

Chiedeva il rigetto della domanda e la revoca del decreto di reintegrazione.

In seguito alla comparizione delle parti il giudice, con ordinanza riservata del 9 febbraio 2004, confermava il decreto per quanto riguardava la reintegrazione nei beni mobili, revocando il decreto nella parte in cui riguardava la casa coniugale, atteso che vi è stata rinuncia in proposito.

Si passava, in conformità a quanto previsto all’epoca, alla fase a cognizione piena.

In questa sede le parti ribadivano le loro posizioni (nel frattempo è mutata la persona del giudice per il trasferimento del primo giudice e l’astensione del secondo giudice, accolta dal Presidente del Tribunale), e dopo la comparizione personale delle parti venivano ammesse ed escusse le prove richieste dalle parti.

All’udienza del 15 gennaio 2007 sono state precisate le conclusioni ed è stato disposto lo scambio delle comparse conclusionali e delle repliche con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

       La parte convenuta ha chiesto di essere autorizzata a fare ascoltare la testimonianza della sig.ra G. O., non comparsa all’udienza del 15 gennaio 2007.

Nel corso del processo le parti hanno mutato tutte e due i procuratori originariamente nominati.

Tutte e due le parti hanno depositato comparse conclusionali e repliche.

Motivi della decisione

Preliminarmente si deve dire che non deve darsi ascolto alla teste sig.ra G. O. per il semplice motivo che la prova è manifestamente diventata dalle prove assunte si è infatti appreso che la sua testimonianza può riguardare solo la medesima attività svolta dal sig. S. M., figlio dei due contendenti, che ha riferito della sua attività circa la preparazione della spedizione delle cose della ricorrente ancora rimaste in casa. Non si capisce in che cosa la teste sig.ra G. O. potrebbe riferire di diverso e di rilevante e pertanto si ritiene di dovere revocare l’ordinanza ammissiva della teste ai sensi dell’art. 209 c.p.c. essendo diventata superflua l’assunzione della prova.

Ancora preliminarmente si deve dire che la condanna al risarcimento del danno può essere pronunciata solo in forma generica. Infatti nel ricorso introduttivo questa è la richiesta avanzata e la ricorrente si è riservata di agire per il solo quantum in separata sede. Si rileva che la quantificazione del danno non è stata richiesta neppure in sede di udienza ex art. 180 c.p.c. tenutasi il 18 giugno 2004 e pertanto la quantificazione del danno è stata richiesta per la prima volta con la precisazione delle conclusioni. In proposito si osserva che tutta la condotta di causa di parte attrice è stata diretta ad attestare il possesso dell’attrice dei vestiti e degli oggetti di cui all’elenco datato 18 gennaio 2003 (doc. 1 di parte attrice) e solo incidentalmente e con considerazioni molto generali si è fatto riferimento al valore dei vestiti e degli accessori ivi indicati, quando i testi hanno fatto riferimento al fatto che la sig.ra M. era abituata ad un elevato tenore di vita ed amava vestirsi con capi di vestiario ricercati e costosi.

Ancora preliminarmente si deve dire che la vicenda che occupa questo processo riguarda solo la questione possessoria dei beni indicati dalla sig.ra M., senza tenere in alcun conto le motivazioni per le quali si è arrivati ad una così traumatica interruzione dei rapporti coniugali che è materia d’interesse di altro giudice. Pure non rientra nel contenuto del processo l’asserita attività della sig.ra M. d’impossessamento di beni comuni non essendo stata proposta alcuna domanda in questo processo da parte del sig. S. e non potendo tale vicenda, anche nel caso fosse vera, giustificare lo spoglio subito dalla sig.ra M..

Per quanto riguarda il merito della questione si deve integralmente confermare quanto già emerso in seguito alla fase interdettale conclusasi con ordinanza del 9 febbraio 2004.

Infatti si deve dire che le prove offerte dalla sig.ra M. hanno permesso di provare che essa era effettivamente in possesso dei capi d’abbigliamento indicati nel predetto documento uno di parte attrice, che è stato oggetto di specifiche testimonianze e che hanno rievocato come la sig.ra M. fosse in possesso dei capi di vestiario indicati.

In particolare si deve ricordare la prova con la sig.ra G. A. che ha ricordato nella sua veste di commerciante di avere venduto la maggior parte dei capi di abbigliamento di quell’elenco dei quali ricordava in taluni casi anche l’epoca degli acquisti. Per il resto si deve ricordare la testimonianza della sig.ra C. E. che anche lei ha svolto un certo riconoscimento dei vestiti posseduti dalla ricorrente e anche di mobili e altri oggetti.

Si deve infine dire che le prove contrarie offerte dal resistente non consentono di ritenere provato quanto da esso sostenuto. Infatti la sig.ra Z. non ha detto nulla di rilevante, mentre il sig. S. M. ha riferito di avere spedito solo quello che era rimasto in casa, ma la sua testimonianza non consente di dire che i beni di cui all’elenco, indubbiamente posseduti dalla sig.ra M., fossero stati portati via dalla madre.

Ritiene lo scrivente che rimangono tutt’ora valide le considerazioni espresse dal precedente giudice nell’ordinanza del 9 febbraio 2004 nella quale questo scriveva che “la durata del menage coniugale fino alla crisi dell’estate 2003, l’elevato tenore di vita dei coniugi, l’inverosimiglianza della tesi di parte convenuta (ancora più inverosimile alla luce delle prove testimoniali che hanno permesso di essere certi che la sig.ra M. possedeva i vestiti di cui all’elenco) il quale sostiene di avere restituito tutti i beni mobili della moglie con la spedizione di sole tre casse” che hanno consentito a questo di accordare alla ricorrente la tutela possessoria in via interdettale. 

Preso atto di ciò si deve ribadire l’ordinanza in questione.

In conseguenza di ciò si deve anche pronunciare condanne generica al risarcimento del danno in base alla richiesta originaria espressa nel ricorso originario.

Come si è già detto, la domanda di quantificazione del danno è una domanda nuova avanzata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si segnala che la richiesta di condanna alle spese è accompagnata dalla strana locuzione “con clausola di attribuzione”. Si rileva che non è chiaro se con questa locuzione si intenda la distrazione delle spese di cui all’art. 93 c.p.c. Tuttavia se anche così fosse, ma non è chiaro, si rileva che non si potrebbe procedere ad applicare la distrazione delle spese perché manca l’attestazione da parte del procuratore di avere anticipato le spese e non riscosso gli onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dott. Sandro Pecorella, definitivamente pronunciando nella causa (n.r. 231/2004) tra

M. R. (avv. M. T.);

contro

S. G. M. (avv. A. P. e B. R.).

avente per oggetto: azione di reintegrazione del possesso.

ogni diversa istanza disattesa e respinta

condanna S. G. M. a reintegrare nel possesso M. R. la i vestiti e gli altri oggetti di cui all’elenco depositato da M. R. di cui al doc. 1 del fascicolo di parte attrice;

condanna in forma generica S. G. M. a risarcire il danno subito da M. R. per lo spossessamento dei medesimi beni; 

condanna S. G. M. a pagare le spese di causa in favore di M. R. che liquida in complessivi € 12.424,85 di cui € 286,35 per spese, € 5928,50 per competenze, € 6.210,00 per onorari oltre 12,5% per spese generali ex art. 15 T.P. e oltre IVA e CPA come per legge.

Sentenza esecutiva per legge.

Imola, 27 aprile 2007.

Il giudice