Sentenze

Sentenze

Azione di adempimento contrattuale e conseguente pagamento di somma in denaro- contratto atipico caratterizzato da cd. intuitus personae- rigetta domanda per difetto di vincolo contrattuale- compensa integralmente le spese di causa.

29 marzo 2016

Azione di adempimento contrattuale e conseguente pagamento di somma in denaro- contratto atipico caratterizzato da cd. intuitus personae- rigetta domanda per difetto di vincolo contrattuale- compensa integralmente le spese di causa.

  

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dottor Sandro Pecorella ha pronunziato la seguente

SENTENZA       

nella causa iscritta al n. 20150/2003 di R.G. degli affari contenziosi civili, posta in decisione all’udienza del 6 febbraio 2006 in seguito alla precisazione delle conclusione e alla concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, pro­mossa da B. N.,  rappresentata e difesa per mandato in margine all’atto di citazione dall’avv. M.B. B. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Imola, via  C. 46.

Attrice

contro 

N. A. rappresentato e difeso come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall’avv. E. M. elettivamente domiciliato in Imola presso lo studio dell’avv. B., via C. 42.

Convenuto

avente per oggetto: azione di adempimento contrattuale e conseguente pagamento di somma di denaro.

Conclusioni per l’attrice (foglio allegato al verbale di udienza del 6 febbraio 2006):

Ritenere e dichiarare il sig. A. N. tenuto al pagamento della somma di € 50.354,55, oltre interessi a favore della parte attrice, per i fatti di cui è causa e, conseguentemente, condannare il convenuto al pagamento in favore della signora N. B. della somma di € 50.354,55 oltre interessi legali, ovvero quella maggiore o minore somma che risulterà di giustizia entro e non oltre la concorrenza della somma di € 51.500,00

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.

Conclusioni per il convenuto (foglio allegato al verbale di udienza del 6 febbraio 2006):

Voglia il Giudice adito respingere la domanda perché il titolo dell’asserito credito non sussiste, ovvero perché – se sussistente – è  in opponibile al convenuto o perché, altrimenti, il credito è prescritto e comunque perché la domanda è infondata in fatto ed in diritto.

Spese di causa rifuse.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 4 aprile 2003 al figlio convivente la sig.ra B. N. conveniva in giudizio di fronte all’intestato giudice il sig. N. A. ed ha esposto di essere sorella della sig.ra B. A. deceduta l’11 giugno 2002. Ha riferito che per oltre quaranta anni ha assistito la sorella e il di lei marito sig. N. M., deceduto nel 1991, genitori del sig. N. A. convenuto. Per tale attività tra lei e la defunta sig.ra B. A. sarebbe stato stabilito un compenso giornaliero di € 10,33 (le vecchie £ 20.000) per gli ultimi quindici anni di assistenza.

L’attività di assistenza sarebbe stata quotidiana e sarebbe consistita nell’assistenza ai pasti, nella preparazione dei pasti stessi, nel portarle le medicine, nella prestazione di cure assistenza in caso di malattia o ricovero in ospedale, nello svolgimento di commissioni come fare la spesa ed eseguire i pagamenti di bollette.

Per effetto di questo accordo la sig.ra B. N. ritiene di avere maturato un credito di € 56.552,03 (pari a £.109.000.000). Per effetto di acconti che gli sono stati dati pari a £. 12.000.000 di cui in parte pagati con tre assegni rispettivamente di £. 2.000.000, e £. 3.000.000 ed € 1000,00 versati gli ultimi due il 6 dicembre 2001 e il 5 giugno 2002, rimarrebbe da pagare la somma di £. 50.354,55. L’accordo intervenuto tra le sorelle sarebbe stato solamente verbale dati i rapporti di parentela., ma ne sarebbe stato a conoscenza il medesimo sig. N. A. nonché l’altro fratello della sig.ra A. B., il sig. B. G..

Ha riferito la sig.ra B. che al fine del pagamento di quanto convenuto in un primo momento la sig.ra B. A. avrebbe preparato un libretto al portatore aperto nel quale versare parte della pensione proprio al fine di pagare quanto dovuto alla sorella, ma ad un certo punto il figlio A. N. ne avrebbe preteso la consegna riferendo in compenso di essere disposto a pagare per l’assistenza alla madre periodicamente e di saldare l’intero dopo la morte della madre. Gli assegni prodotti in giudizio costituirebbero la prova di questo accordo. L’attrice ha fatto anche riferimento ad una scrittura del 1 luglio 2000 sottoscritta dal convenuto e dalla moglie sig.ra P. M. nel quale il sig. N. A. riconosce l’attività di assistenza prestata dall’attrice nei confronti della madre.

Con comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata il sig. N. A. ha risposto contestando integralmente le pretese di parte attrice. Ha riferito che i suoi genitori hanno goduto di relativamente buona salute e sono stati comunque autonomi fino alla loro morte. I due genitori del convenuto hanno sempre rifiutato di trasferirsi da Imola dove risiedevano a Massa Lombarda dove si era trasferita a vivere la famiglia del figlio. In particolare il sig. N. M. morì in seguito ad un improvvisa emorragia interna e dopo una breve malattia di 8 giorni nel 1991, mentre la moglie è deceduta 11 anni dopo. In questo lasso di tempo, la sig.ra B. N., che vive nello stesso palazzo dove abitavano i defunti, si è prestata a fare un’attività di vigile compagnia. Ha riferito che questa attività rientrava nei generali obblighi di cura parentali sussistenti tra sorelle e che non fu mai oggetto di un qualsivoglia obbligo contrattuale. Anche l’attività prestata dalla sig.ra B. N. è stata del tutto ridimensionata dalla ricostruzione offerta dal convenuto. Infatti ha riferito che l’attrice in tutti questi anni altro non ha fatto che avere premura affinché la sorella prendesse tutti i farmaci che doveva prendere. Per il resto la sig.ra B. N. avrebbe fatto quasi tutto da per lei e solo negli ultimi due anni la famiglia ritenne di usufruire del servizio pasti del Comune, limitatamente al pasto di mezzogiorno perché la sera la sig.ra B. A. avrebbe continuato a provvedere da se medesima. Per il resto il figlio e la sua famiglia avrebbero provveduto a svolgere da soli altre attività quali il bagno settimanale, gli eventuali giri presso strutture sanitarie ed altro.

Il sig. N. ha anche riferito come fosse vera l’esistenza del libretto a risparmio, ma che non era vero quanto riferito dall’attrice che lo stesso fosse destinato a raccogliere le somme destinate a pagare la sorella B. N.. Questo libretto venne prelevato dal convenuto dopo che la madre, tra la fine del 1998 e l’inizio del 1999 ne lamentò la scomparsa. In seguito a ciò fu sporta denuncia contro ignoti e il libretto dopo questo fatto ricomparve. La stessa cosa accadde per una rata della pensione tra la primavera e l’estate del 2000. Questa volta la somma fu trovata dalla medesima sig.ra B. N., odierna attrice, in un cassetto dove però era già stato cercato. Riferisce il convenuto che per tutti e due gli episodi i sospetti si addensarono sull’odierna attrice e che la stessa, rimasta indispettita fece sottoscrivere delle dichiarazioni prima al sig. N. e poi anche alla di lui moglie nel quale gli stessi accordavano il permesso all’odierna attrice di frequentare la casa di B. A.. Il convenuto ricorda che tutte e due le carte fatte sottoscrivere dall’odierna attrice portavano l’intestazione di uno studio legale. Disconosceva pertanto la conformità della copia di scrittura prodotta originariamente all’originale e  si riservava di disconoscere l’originale se fosse stato prodotto.

Ha riferito il sig. N. che alla morte della madre incontrò la sig.ra B. N. disposto, in adempimento all’obbligazione naturale corrispondente a quanto la sig.ra B. aveva comunque fatto per la madre, a riconoscere una somma di denaro. Riferiva il sig. N. che la zia si presentò dopo qualche tempo con una richiesta di oltre £. 100.000.000 e che con lettera basata sulla solita carta intestata dell’avvocato era sufficiente che si impegnassero a pagare un po’ per volta. Il sig. N. ha riferito di avere avuto, a fronte di questa richiesta, una reazione brusca che ha portato al troncamento dei rapporti.

Infine eccepiva ogni possibile tipo di prescrizione del credito vantato dall’attrice.

Il processo è stato istruito con le prove documentali e prove testimoniali.

Nel corso del giudizio l’attrice ha depositato la scrittura in originale e il convenuto, come annunciato l’ha disconosciuta. L’attrice ha proposto istanza di verificazione, ma il giudice ritenendo non decisiva per la soluzione della controversia il riconoscimento come autentiche della sottoscrizione del sig. N., dato il tenore del documento che si limita all’affermazione di una soddisfazione del medesimo sig. N. dell’assistenza prestata alla madre dalla zia e l’affermazione di piena fiducia in lei, non riteneva necessaria la verificazione della sottoscrizione.

Esaurita la fase istruttoria, il sig. N. ha tentato un avvicinamento all’attrice, offrendo la somma di € 10.000,00 quale tacitazione di ogni pretesa, senza riconoscimento alcuno.

Rifiutata da parte attrice la proposta sono state precisate le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione e sono state depositate tempestivamente da tutte e due le parti le comparse conclusionali e le memorie di replica.

Motivi della decisione

Preliminarmente si deve dire che la lettura dell’eccezione di prescrizione data da parte attrice come ammissione del fatto che il contratto è sorto e che dunque pure l’obbligazione è sorta è quantomeno ardita. Infatti tale effetto lo si può dare alla eccezione di prescrizione pura e non a quella che si è vista nel corso del presente processo. Infatti secondo l’elaborazione giurisprudenziale che si è andata formando nell’ambito del processo civile ordinario (nell’ambito del rito del lavoro la non contestazione è regolata in modo diverso  dall’art. 416 comma 3° c.p.c.) opera il principio di non contestazione secondo i seguenti termini: si ha non contestazione del fatto quando si ammette esplicitamente che un dato fatto sia avvenuto oppure si svolge una difesa che non è compatibile con una contestazione di questo fatto. Se come unica difesa si oppone la prescrizione è evidente che implicitamente si ammette che il credito è sorto ma che poi si è estinto per prescrizione. Non è così nel caso presente dove la Difesa svolta da parte convenuta per negare il sorgere dell’obbligazione è articolata su più argomenti ed è molto dettagliata, mentre l’eccezione di prescrizione è chiaramente esposta quale ultimo argomento in ordine logico per di più subordinato e residuale. Si deve dunque dire che l’eccezione di prescrizione svolta dalla Difesa non costituisce affatto ammissione della sussistenza dell’obbligazione.

In secondo luogo si deve dare atto che appare corretta l’impostazione data dalla Difesa attrice alla questione da lei posta. Infatti fin dall’origine l’attrice ha sostenuto non la sussistenza di un contratto tipico di lavoro, ma di un contratto atipico caratterizzato dal fatto che le parti fossero parenti e dunque dalla notevole importanza delle qualità personali dei presunti contraenti (il c.d. intuitus personae tanto menzionato negli scritti difensivi). Infatti quello che viene descritto non appare essere in ogni caso un contratto di lavoro subordinato che come è noto si caratterizza per la subordinazione e cioè la sottoposizione del lavoratore subordinato alla potestà direttiva del datore di lavoro che si esprime nel dovere eseguire il volere di questo e che come sintomo può avere diversi indici quali il dovere rispettare un orario di lavoro, la presenza di una vera e propria retribuzione fissa o comunque ancorata a parametri fissi, la sottoposizione al potere disciplinare del datore di lavoro e simili. Nel presente caso l’unico aspetto che potrebbe fare propendere per la sussistenza di questo tipo di contratto è la sola fissità della somma concordata rispetto al periodo della giornata di assistenza e cioè le menzionate £. 20.000 al giorno, ma tale aspetto è comune anche ad altri contratti per i quali può essere convenuto un pagamento a giornata, ma per i quali sicuramente non sussiste vincolo di subordinazione. Ad esempio è possibile il pagamento a giornata nel contratto d’opera.

Con ciò si esclude che la presente causa debba essere attribuita al giudice del lavoro, nell’ambito del riparto delle attribuzioni interne del Tribunale e che debba essere disposto, ai sensi dell’art. 426 c.p.c., il mutamento di rito.

Questa affermazione deve anche affermarsi comparando la situazione rappresentata dall’attrice con il disposto di cui all’art. 409 c.p.c. n. 3 perché il rapporto descritto dall’attrice non può neppure definirsi come prestazione coordinata in quanto dalla descrizione del rapporto da lei data l’attività da lei prestata in favore della sorella non era affatto coordinata da altri e con altri, ma fosse un attività gestita in piena autonomia dalla medesima attrice senza che vi fosse alcuna forma di eterodirezione sia pure nella formula attenuata di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c.

Dunque anche da questo punto di vista non si ritiene di dovere applicare il rito del lavoro alla presente causa.

A questo punto si deve rilevare che quanto riferito dal convenuto in riferimento al contenuto delle prestazioni asseritamente prestate dall’attrice è vero. Esse corrispondono ai doveri parentali e sarebbero state addirittura coercibili ai sensi degli art. 433 c.c. e ss. quale obbligo alimentari. Si deve in proposito ricordare che ai sensi dell’art. 443 c.c. l’obbligato agli alimenti può adempiere in natura accogliendo il bisognoso nella propria casa e non solo pagando una somma di denaro.

Si deve comunque osservare che tra gli obbligati agli alimenti i fratelli germani sono comunque sott’ordinati ai figli e ai discendenti (vedi il citato art. 433 c.c.).

La differenza rispetto alla situazione che legittima alle prestazioni alimentari è peraltro evidente: non pare che la defunta sig.ra B. A. e prima ancora il sig. N. M. avessero necessità di alimenti poiché non è stata allegato un loro stato di indigenza. Quello che invece viene allegato è una loro progressiva incapacità a provvedere in autonomia alla propria cura per il progressivo invecchiamento e il conseguente aggravamento delle patologie croniche che pativano. Dunque il problema è in un certo senso più ristretto dell’obbligo alimentare, ma è comunque il grave problema della prestazione di assistenza e cura a persone vecchie e malate.

I bisogni dei due defunti a cui si è dovuto sovvenire sono peraltro molto diversi a seconda delle due versioni contrapposte offerte dalle parti, ma la natura delle prestazioni non cambia: si tratta di prestazioni di assistenza che sono tipiche cure parentali.

Orbene, è un dato di comune esperienza come capiti sempre più spesso che i parenti, anche più prossimi non possano adempiere personalmente a questo tipo di cure che comunque non si dubita che debbano essere prestate in primo luogo proprio da loro. La mancata effettuazione di questa attività potrebbe persino avere un rilievo penalistico essendo sanzionato dall’art. 591 c.p. anche la condotta di abbandono dell’incapace del quale taluno “debba avere cura”. Dunque sono sempre più diffuse istituzioni e organizzazioni che svolgono proprio questo tipo di attività materiale di cura in favore di persone non indigenti, ma non in grado di badare a loro stesse. Gli accordi con queste istituzioni ed organizzazioni hanno chiaramente natura contrattuale.

Nulla vieta pertanto che tale tipo di attività venga demandata dalla medesima persona che ne ha bisogno ad una parente (diversa da quella che sarebbe in primo luogo demandata sulla base delle norme prima viste) previo pagamento di compenso. È evidente che in tale tipo di accordo la qualità della persona con la quale si conclude questo tipo di accordo è importante e che non appare corretto parlare di prestazione d’opera autonoma o subordinata che sia. La ricostruzione in termini di contratto atipico svolta dall’attrice appare indubbiamente rafforzata da queste considerazioni ed è assolutamente evidente che questo accordo con la parente realizza un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 comma 2° c.c. essendo diretto a fare in  modo che taluno bisognoso di assistenza non ne rimanga privo. Non si ritiene di dovere svolgere ulteriormente il tema per dimostrare la meritevolezza di tutela secondo l’ordinamento.

D’altra parte nulla esclude che tale attività possa essere svolta al di fuori di ogni vincolo contrattuale come pure cure parentali, senza pattuizione di compensi di sorta. In proposito si deve sottolineare la una relativa facilità da parte dell’attrice nel svolgere compiti di assistenza in favore della sorella: le stesse abitavano nel medesimo edificio, sia pure in diversi appartamenti e ciò rende plausibile che la stessa avesse una visione quotidiana dei problemi della sorella che il figlio e il nipote non potevano comunque avere abitando a Massa Lombarda, città non certo lontana, ma comunque lontana abbastanza da impedire un continuo monitoraggio dei piccoli problemi di ogni giorno. Dunque non è impossibile che l’attrice avesse prestato questa attività per pura solidarietà parentale, senza che fosse stato pattuito alcunché. Da questo punto di vista è vero quello che afferma parte convenuta: l’eventuale pagamento di somme in riconoscimento di questo tipo di attività non sarebbe altro che il riconoscimento di un obbligazione naturale; il semplice fatto del pagamento parziale non dimostrerebbe la sussistenza di un contratto giuridicamente vincolante e ai sensi dell’art. 2034 c.c. il pagamento di tali obbligazioni al di fuori di un obbligo contrattuale comporta solo l’impossibilità della ripetizione e cioè della richiesta di restituzione delle somme da parte di colui che ha pagato.

Questa lunga premessa in diritto è servita per arrivare al cuore del problema che è un problema non di diritto, ma di fatto: è sussistito veramente tra B. N. e B. A. un vero è proprio contratto che per quanto atipico aveva come oggetto la prestazione di attività di assistenza da parte della sig.ra N. e il pagamento di una somma di denaro, nella misura di £. 20.000 al giorno, da parte della sig.ra A. ? Oppure l’attività prestata dalla sig.ra B. N. è stata effettuata poiché legata da rapporto di parentela e comunque facilitata a ciò rispetto al figlio e al nipote perché abitante nello stesso palazzo mentre questi ultimi abitavano in una città vicina, ma comunque diversa?

Infatti non vi è dubbio che la sig.ra B. abbia prestato assistenza questo è avvenuto anche secondo il sig. N. che afferma nel suo primo scritto difensivo, senza che mai abbia cambiato versione, che la sig.ra B. N. ha prestato attività di vigile compagnia e poi ha riferito che svolgeva un’attività di vigilanza affinché prendesse le medicine e ritiene possibile che abbia svolto piccole commissioni.

Per il resto tale attività circa le medicine risulta confermata dalle prove testimoniali.

Questo tipo di attività è quella che risulta anche dalla deposizione del teste B. G. fratello dell’attrice e della de cujus che ricorda di avere sostituito la sorella N. quando questa si assentava per farle prendere le medicine. Il teste ha ricordato di avere visto la sig.ra N. fare tutto quello che può fare un infermiera, ma è chiaro che in nessun modo nell’attività infermieristica non possa rientrare tutte le attività riferite in atto di citazione e riportate nella parte narrativa perché sicuramente l’attività infermieristica non comprende l’attività di preparazione dei pasti. Per questi infatti, negli ultimi due anni, si è provveduto tramite l’apposito servizio predisposto dal Comune almeno per quanto riguarda il pranzo e ciò sta ad indicare sia che in questo periodo sicuramente non vi ha provveduto l’attrice, sia che probabilmente non vi ha provveduto prima poiché se già vi provvedeva non vi sarebbe stato motivo affinché il Comune venisse interpellato. Per inciso, il racconto del sig. B. G. attesta anche la grande libertà con la quale la sig.ra B. N. poteva svolgere l’attività in favore della sorella dato che se doveva allontanarsi poteva intervenire il fratello per dare le medicine e ciò è compatibile con tutte e due le possibilità prima esaminate della sussistenza di un contratto atipico e della sussistenza di un’attività di fatto dovuta al solo affetto parentale unito alla vicinanza di abitazioni.

Ciò premesso si deve verificare quali prove sussistano a favore dell’esistenza di un contratto giuridicamente rilevante e cogente per le parti e dunque anche per il sig. N. A. che in quanto erede universale succederebbe nella posizione di debitore assunta, se fosse vera questa ipotesi, dalla madre.

Si deve però esaminare un altro problema e cioè il limite della prova testimoniale dei contratti data dall’art. 2721 c.c. comma 2. Ritiene il giudice che vi sono elementi che sconsiglierebbero tale prova: il rapporto parentale esistente tra le parti che può portare a spiacevoli (come puntualmente accaduto) interpretazioni dei fatti, la lunga durata del contratto e il valore complessivo dell’obbligazione richiesta.

Ma ritiene anche il Giudice che in questo caso non ci si possa esimere dall’ammissione della prova testimoniale. Infatti ai sensi dell’art. 2724 comma 1° c.c. ciò è obbligatorio perché vi è un principio di prova scritta. Ciò non è certo il documento disconosciuto e del quale non è stata ammessa la verificazione, ma gli assegni che comunque sono stati pagati e che provengono da N. A.. Nel caso della mancata presentazione di quegli assegni pure la verificazione della scrittura privata sarebbe stata necessaria poiché in mancanza degli assegni la riconduzione di quella scrittura al convenuto sarebbe stato il principio di prova scritta che avrebbe potuto portare all’ammissione della prova testimoniale, ma la presenza degli assegni, dato che la scrittura non portava al riconoscimento dell’obbligazione, ha reso non necessaria la verificazione.

Dato atto della necessarietà della prova testimoniale si deve osservare che rilevanti al fine della prova del contratto sono le deposizioni di N. G. e B. G. che riferiscono di dichiarazioni di volontà della sig.ra B. A..

Il primo ha riferito: “è vero che mio padre avrebbe riconosciuto a B. N. la somma di £. 30.000.000 per l’opera prestata. Non è vero che B. A. avrebbe riconosciuto a B. N. la somma di £. 20.000 giornaliere per l’attività prestata. Questa somma di £. 30.000.000 era quella contenuta in un libretto che la nonna aveva sempre detto di dare a N.. Fatto sta che invece non si era aspettato la morte, ma mio padre aveva già cominciato a dare qualche soldo di questi fino ad arrivare ad un importo di £. 12.000.000. Non so dire perché è avvenuto questo”.

Il secondo ha riferito spontaneamente, ancora prima che la domanda gli fosse fatta: “…le due sorelle si misero d’accordo perché la sig.ra N. avesse un compenso di £. 20.000 giornaliere per la durata di 15 anni. Questa vicenda me l’ha detta mia sorella A. prima che morisse. Me lo ha detto prima che gli venisse un malore, quando ancora parlava. Era molto preoccupata perché aveva già capito che la volevano chiudere in un ricovero. Questo fatto è successo non tanto tempo prima che morisse, perché aveva già capito cosa volevano farne di lei. Sul capitolo 3 di parte attrice: ricordo ce il sig. N. A. venne nella mia ex officina con sua moglie e mi disse che a N. non gli avrebbe dato più di trenta milioni di lire. Questo colloquio è avvenuto da alcuni anni, ma la data precisa non me la ricordo. I soldi glieli dava come riconoscimento delle cure prestate  a sua madre. Secondo lui questa è la somma che la sig.ra N. meritava.”.

Come si desume dal tenore delle due testimonianze indicate non vi è dubbio che il sig. N. A. volesse attribuire alla odierna attrice la somma di £. 30.000.000. Secondo il sig. B. G. tale intenzione sarebbe dovuta alla mera volontà del figlio come riconoscimento per l’opera comunque prestata dalla zia nei confronti della madre. Il sig. N. G. conferma tale indicazione del B. G., ma aggiunge qualche cosa di più: questa è la somma che era portata nel libretto a risparmio che la nonna aveva sempre detto che voleva fosse dato alla sorella. Quello che ha fatto il padre è stato di anticipare parte della consegna della somma. D’altra parte il sig. B. G. riferisce invece che c’era un accordo preciso tra sorelle affinché le fosse corrisposto la somma di £. 20.000 al giorno per la durata di quindici anni. Tuttavia non è in grado di riferire quanto la sorella glielo ha detto e quanto questo accordo sarebbe stato concluso.

Secondo il tenore della medesima deposizione del sig. B. G. potrebbe anche essere che l’obbligazione fosse stata conclusa, ma che non fosse stata portata a conoscenza del N.. Ben potrebbe, anche nel caso che la volontà della sig.ra B. A. fosse quella indicata dal B. G., che il sig. N. conoscesse solo la volontà della madre di dare alla sorella la somma contenuta nel libretto e che effettivamente appare ancora intenzionato a consegnare.

Infatti dal fatto che il figlio dell’attore sappia che la nonna aveva dato indicazioni per la consegna del libretto è in modo evidente, compatibile con la ricostruzione in termini di obbligazione naturale svolta dalla difesa di parte convenuta. Infatti non si desume nessun obbligo giuridico, ma solo un indicazione al figlio perché venga fatto così. Del resto se vi fosse stata la volontà di fare una dichiarazione di volontà giuridicamente vincolante la sig.ra B. A. ben avrebbe potuto utilizzare l’unica forma di legge che avrebbe permesso ciò e cioè quella di fare testamento, dando l’indicazione in un valido atto a causa di morte.

Per quanto riguarda la deposizione del sig. N. G. qui si deve dire che il racconto è troppo povero di dettagli per ritenerne la piena attendibilità: il sig. N. infatti non è in grado di dare indicazioni sul momento in cui gli fu riferito quello che ha detto circa l’accordo di £.20.000 al giorno per quindici anni. Si ricorda che il contratto discende in ogni caso dall’accordo delle parti: l’indicazione del sig. B. G. è troppo povera per potere dire che essa sia rappresentativa del reale accordo intervenuto dalle parti. Si deve comunque rilevare il grande valore oggetto della controversia (€ 50.000!) ed appare assolutamente incongruo basare una pronuncia di accoglimento solo su questa semplice indicazione de relato di persona che non è più in grado di smentire o confermare. Si deve anche osservare come il sig. B. G. abbia mostrato anche un grande astio nei confronti della famiglia del sig. N. A. arrivando a dire che la sorella B. A. era addolorata “perché vedeva che la volevano togliere di mezzo”.

Si deve solo ricordare che il fatto di avere ammesso la prova testimoniale non vuole dire che si debba necessariamente prestarle fede acriticamente perché la prova testimoniale deve essere liberamente apprezzata dal giudice e i motivi sopra specificati danno conto, a parere dello scrivente, del perché non possono essere ritenuti tranquillizzanti circa la prova della pretesa attrice.

Si è già detto del perché la scrittura privata prodotta non può essere rilevante come prova del contratto e comunque del riconoscimento di obbligazione e dunque del motivo per il quale non è stata ammessa la verificazione richiesta dall’attrice.

Si deve dunque dire che non si è raggiunta la prova della sussistenza di un contratto giuridicamente vincolante con il contenuto indicato dall’attrice.

Non resta che respingere per tale motivo le domande attrici essendo la prova della sussistenza del contratto la prova della sussistenza dell’obbligazione di pagamento della somma di denaro.

I rapporti parentali esistenti tra le parti e, soprattutto, la sussistenza di una provata volontà, sia pure giuridicamente non vincolante, da parte della sig.ra N. A. affinché venisse consegnata all’attrice un libretto di risparmio contenente una somma di denaro, impongono ai sensi dell’art. 92 c.p.c. l’integrale compensazione delle spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, in persona del dott. Sandro Pecorella, definitivamente pronunciando nella causa (n.r. 20150/2003) tra

B. N. (avv. M. B. Berti);

contro

N. A. (avv. E. M.tti);

avente per oggetto: azione di adempimento contrattuale e conseguente pagamento di somma di denaro.

ogni diversa istanza disattesa e respinta

rigetta la domanda svolta da B. N. nei confronti di N. A. per difetto di prova circa l’esistenza di un vincolo contrattuale tra B. N. e B. A. della quale N. A. è erede universale;

compensa integralmente le spese di causa.

Sentenza esecutiva per legge.

Imola, 1 giugno 2006.

Il giudice