Sentenze

Sentenze

L’applicazione del rasoio di Occam nella qualificazione giuridica di un contratto.

Sentenza 1342/2020 del 02/10/2020 del Tribunale di Bologna. Giudice Dott. Marco D’Orazi (unitamente al giudice Dott.ssa Maria Carla Daga). Nella diversa prospettazione delle parti processuali, con riguardo ad un contratto orale di cessione di uva: si tratta di vendita (pagamento dell'uva) o di permuta di cosa presente con cosa futura (pagamento dell'uva con fornitura di vino di pari valore)?

12 novembre 2020

Sentenza 1342/2020 del 02/10/2020 del Tribunale di Bologna. Giudice Dott. Marco D’Orazi scritta unitamente alla collega Dottoressa Maria Carla Daga, all'epoca della sentenza in uditorato presso il giudice D'Orazi ed ora Giudice a Bergamo.

La causa verteva sulla qualificazione giuridica di un contratto verbale di cessione di uva, a cui le parti davano nature diverse: l’una (opposta) sosteneva che la controprestazione alla cessione dell’uva fosse il pagamento di una somma di denaro circa 100.000,00 euro (con ciò qualificando la fattispecie come vendita); l’altra (opponente) sosteneva che la controprestazione fosse data dalla fornitura di vino a certe scadenze, di valore pari a quello dell’uva ceduta (con ciò qualificando la fattispecie come permuta di cosa presente con cosa futura concluso in forma verbale).

Il giudice dopo un excursus in punta di diritto di tutta una serie di istituti che stanno a rappresentare una summa di perle giuridiche incastonate in una sontuosa motivazione, arriva alla originale, e del tutto convincente, applicazione del principio del rasoio di Occam ai fini della individuazione della natura giuridica dell’accordo stipulato tra le parti.

Per le ragioni che precedono, ritiene questo giudice, secondo la regola del “più probabile che non”, che si sia trattato di una vendita. 

Tuttavia, va altresì rilevato che, quando le parti invocano due fattispecie costitutive, una delle quali più semplice ed altra più complessa, poiché implica un quid pluris nel sinallagma negoziale, spetta a questa ultima provare la fattispecie più complessa. 

In breve: la permuta è fattispecie maggiormente complessa della vendita, aggiungendovi infatti un quid pluris, che è appunto l’altra res permutata (nel caso, il vino). 

Non solo vari elementi suggeriscono che le parti vollero proprio una vendita; in ogni caso, l’onere della prova di tale pattuizione maggiormente complessa sarebbe stato in capo a parte opponente; tale prova è mancata”.

L’applicazione del “principio di economia” (“Nihil fit plura quod fieri potest per pauciora”, ossia “è inutile fare con più ciò che si può fare con meno”) è un concetto già usato in ambito “processuale” (spesso con riferimento alla ragione più liquida, in caso di più domande processuali), ma certamente credo sia una delle prime volte che viene applicato nell’ambito della qualificazione del merito di una fattispecie, e nello specifico nella qualificazione giuridica di un contratto verbale in caso di plurime prospettazioni.

Non si può negare che l’applicazione del principio filosofico, unito chiaramente all’aspetto probatorio, sia un criterio certamente da applicare e da tenere sempre più a mente come criterio motivazionale, facendo pendere l’ago della bilancia verso quella soluzione che, tra le varie, appaia la più semplice.